I video personalizzati nel settore food sono una grande risorsa perché la rete ora più che mai è affamata di video. L’unico rischio è quello di annoiare, di non essere rilevanti, relegando l’utente ad un ruolo passivo. Questo pericolo si può evitare realizzando dei video personalizzati.

I video personalizzati nel settore food sono senza dubbio uno strumento irrinunciabile per tutti i player del settore, a maggior ragione in un momento come quello che stiamo vivendo, in cui i nostri comportamenti e i nostri stili di vita hanno subito un cambiamento notevole.

Non è un mistero, infatti, che l’arrivo del Covid-19 e le conseguenti misure di sicurezza che sono state adottate hanno imposto a chi lavora nel settore del food la trasformazione del proprio modello di business e delle modalità di competizione sul mercato.

Botteghe, ristoranti, rivenditori, tutti hanno dovuto fare i conti con una temporanea riduzione di importanza della componente fisica della propria attività in favore di quella digitale.

Questo significa che gli strumenti digitali sono diventati molto più rilevanti e addirittura imprescindibili se si vuole sopravvivere in un contesto come quello attuale. Ma andiamo con ordine.

 

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Il Covid-19 abbatte un tabu: il food si acquista anche in rete

Uno degli effetti più evidenti della pandemia è stato, senza dubbio, dimostrare che l’e-commerce è una delle modalità più diffuse e più promettenti per la crescita di quasi ogni tipo di business.

Non c’è stato, infatti, retailer che non abbia attivato in qualche modo un proprio servizio di e-commerce.

Dalla grande distribuzione organizzata, che ha sviluppato delle applicazioni apposite per migliorare la customer experience e consegnare la spesa a casa, fino alle piccole realtà di quartiere, che proprio durante il lockdown hanno sfruttato i social per organizzare un servizio a domicilio e gli accessi contingentati ai loro locali.

Se già prima dell’emergenza sanitaria l’e-commerce mostrava di avere dei numeri di crescita notevoli, ciò che sorprende è che in assoluto chi ha fatto meglio in termini di ricavi è stato appunto il settore “food and grocery.

A confermarlo sono i dati dall’Osservatorio eCommerce B2c promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Netcomm, il Consorzio del Commercio Elettronico Italiano. Tale studio ha rivelato che gli acquisti dei consumatori italiani nel comparto Food&Grocery hanno raggiunto il valore di circa 2,5 miliardi di euro, con una crescita del +55%, rispetto al 2019, che corrisponde in termini assoluti ad un miliardo di euro in più. Scendendo nel particolare, il segmento più rilevante per i ricavi è proprio quello alimentare, rappresentato dall’acquisto di cibo sia fresco che confezionato, la cui componente online è cresciuta dell’85%, seguito a ruota dal delivery food e dall’enogastronomia.

Al di là dei numeri, il dato è interessante perché mostra un cambio di mentalità da parte degli italiani, come ha dichiarato in un’intervista al Sole 24 Ore Riccardo Mangiaracina, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio.

“Con lo scoppio dell’emergenza Covid-19, la domanda online di prodotti alimentari è in alcuni casi decuplicata, mettendo forte pressione agli attori eCommerce. Il lockdown, le nuove esigenze (e paure) dei consumatori hanno fatto cadere le barriere all’utilizzo del canale eCommerce (e dei pagamenti digitali) e hanno convinto anche i retailer più restii al cambiamento della necessità di potenziare l’offerta online, oggi non adeguata”.

In altre parole, fare la spesa online, acquistare dal computer una bottiglia di vino, ordinare la cena attraverso un’app è diventato comune per la maggior parte degli italiani, che difficilmente torneranno indietro.

Di conseguenza, gli operatori del settore devono entrare nell’ottica che sarà (anche) sul campo dei servizi e-commerce che si giocherà la partita e che, dunque, devono attrezzarsi al meglio per essere competitivi e raggiungere più clienti possibili.

 

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Se il consumo si fa digital anche l’offerta si fa digital

È molto semplice: ad un cliente sempre più spostato verso il digital occorre parlare e interagire attraverso meccaniche digital.

Da questo punto di vista, lo sanno molto bene bar e ristoratori, che in questi mesi hanno combinato la consegna al domicilio con un aumento della pressione editoriale sui propri canali social. Così facendo, si sono moltiplicati in breve tempo gli esempi di grandi nomi della ristorazione che hanno ripensato ai loro menù per creare delle proposte di piatti più adatti al delivery o che hanno addirittura avviato dei nuovi progetti culinari raccontandoli proprio attraverso i social.

È il caso di Manna, noto ristorante milanese, che ha proposto una Gastronomia di Periferia con poche materie prime ruspanti e di altissima qualità, oppure di ROC, la Rosticceria Origine Contraste, che è una costola delivery autonoma di Contraste, ristorante una stella Michellin dello chef Matias Perdomo.

In entrambi gli esempi la componente digital è fondamentale: il primo ha creato una sorta di newsletter via whatsapp grazie ad un numero con cui ricevere regolarmente avvisi di novità circa prodotti e ultimi arrivi; il secondo ha aperto invece una pagina Instagram in cui mostra i piatti che si possono ordinare, come in una sorta di vetrina da rosticceria, però digitale.

Tutto questo perché se non si può più avere l’esperienza analogica di consumare il pasto in sala, ma almeno si può riprodurre l’illusione del servizio sfruttando i canali digitali.

 

Food e digital: un abbinamento che funziona

Da questo punto di vista, i social sono senza dubbio uno strumento efficace poiché i contenuti food su internet performano particolarmente bene. Basti pensare ad Instagram: l’hashtag “food” è in grado di richiamare da solo quasi mezzo miliardo di contenuti, mentre “foodporn” ne richiama circa 250 milioni.

Questi medesimi contenuti social, tra l’altro, sono in grado di generare non solo molte interazioni, ma sono stati particolarmente utili anche nel lancio e nel consolidamento di nuove attività del settore: non è un caso che le attività più di successo in questi anni in ambito alimentare abbiano fatto del food social marketing un pilastro irrinunciabile della propria strategia (ninjamarketing.it).

A confermare la capacità attrattiva di questo tipo di contenuti è lo stesso Google, che nel 2014 fece uscire una ricerca che sottolineava come il numero di contenuti video su YouTube a tema food fosse in costante aumento e che questo tipo di video fossero particolarmente apprezzati dagli utenti appartenenti alla generazione Millenials, che ne fruivano il 30% in più rispetto a tutte le altre fasce d’età. Ma c’è di più.

La ricerca mostrava altresì quanto tali video riuscissero ad influenzare le scelte di un utente: ad esempio, le “Millenials mom” utilizzano i video su YouTube per trovare un’ispirazione rispetto a quale piatto preparare e, infatti, il 68% delle stesse li guarda proprio mentre sta cucinando (thinkwithgoogle.com).

Allo stesso modo, i “Millenials dad” guardando preferibilmente contenuti che mostrino nuove tecniche di cucina per impararle e riutilizzarle. La loro dedizione a ciò che vedono è tale che il 42% degli stessi è disposto addirittura a fare un viaggio al supermercato appositamente per acquistare i prodotti che ha visto in un video.

I Millenials uomini single, invece, per il 69% guardano preferibilmente dei contenuti video sponsorizzati da dei brand tanto per trovare nuove ispirazioni sui piatti quanto per divertirsi e per passare il tempo coltivando, contemporaneamente la loro passione.

Tutti questi dati non solo certificano che i contenuti relativi al food sono interessanti per diversi motivi, ma anche che chiunque voglia costruire una comunicazione digitale rilevante deve per forza servirsi di contenuti video, indipendentemente dal settore di interesse.

 

La rete ama i video

Sempre di più, infatti, il formato vincente quando si parla di digital marketing e di social marketing è il formato video.

Sicuramente a pesare sarà stata la pandemia, che ci ha costretti a casa senza poter uscire per molto tempo, ma anche prima le statistiche in merito mostravano un’assoluta predominanza del video rispetto agli altri formati utilizzabili in rete.

Non a caso, è emerso dal report di We Are Social, stilato in collaborazione con Hootsuite, che per il 92% degli utenti in Italia guardare i video è l’attività principale svolta su internet.

Questo è tanto più vero se si pensa all’uso che normalmente si fa dei social media, i quali sono dei veicoli di diffusione più comuni ed efficaci. Basti pensare che solo attraverso Facebook vengono visualizzati oltre 100 milioni di video al giorno, i quali solitamente creano una grande quantità di interazioni da parte degli utenti (techchrunch.com). Allo stesso modo, il successo di social come Instagram e Tik Tok è dato proprio dal fatto di aver messo al centro i video e la loro fruizione.

Basterebbero questi pochi dati a convincere un qualunque player ad adottare i video come strumento principale di digital marketing, ancora di più se si parla di attività del settore food, visto con quanta facilità e con quali risultati i video e il cibo si combinano su internet.

Tuttavia, le cose non sono così semplici, dal momento che anche il video presenta alcune criticità che vanno sempre considerate.

 

Bisogna stimolare l’appetito di ogni utente

Il primo problema è legato alla soglia di attenzione: sebbene la metà delle persone presti più attenzione ad un video rispetto che ad un altro contenuto, questo non significa che il contenuto venga guardato fino in fondo, anzi (omnikick.com). La soglia di attenzione sui social è di circa 9 secondi e molti ritengono che questo numero sia destinato a diminuire.

È chiaro dunque che per catturare l’attenzione dell’utente e assicurarsi che lo stesso arrivi sino alla fine del video bisogna fare qualcosa in più.

Anche perché un altro “problema” dei video è il fatto di essere un tipo di contenuto sostanzialmente unidirezionale, rispetto al quale l’utente resta sostanzialmente passivo e questo incide inevitabilmente sull’attenzione dello stesso e sull’efficace trasmissione del messaggio.

Se in più ci si aggiunge che il video per sua stessa natura comunica “uno a tanti”, si capisce che il rischio di perdere rapidamente l’attenzione dei consumatori è alta. Per questo servono delle soluzioni innovative e creative.

 

Doxee Pvideo®: quando il video diventa personalizzabile

Una strada da percorrere è senza dubbio la personalizzazione.

Del resto, il trend più importante che si profila all’orizzonte è quello che prevede di mettere al centro il cliente tanto nella comunicazione quanto nell’esperienza che gli si offre.

In questo senso, Doxee Pvideo® appare senza dubbio una soluzione strategicamente molto interessante da adottare per tutti i player che si muovono nel settore del food e non solo.

I video realizzati attraverso Doxee Pvideo®, infatti, non sono semplicemente video personalizzabili, ma video “personali” in cui l’utente può avere una parte attiva e coinvolgente durante la fruizione. Da un lato, infatti, il cliente si trova a ricevere un contenuto che gli si rivolge direttamente, in cui magari la componente visiva è differenziata in base ai suoi gusti e alle sue abitudini di navigazione – così da assecondarle. Dall’altro lato ha anche la possibilità di vedere solo ciò che vuole grazie alla funzionalità User-Directed-Storytelling (UDS) che gli permette di scegliere il percorso di navigazione e di narrazione.

In questo modo il video diventa strumento di comunicazione bi-direzionale, in cui la persona guarda un contenuto che ha contribuito a costruire e che, di conseguenza, gli interessa direttamente.

Guardare diventa così un’azione attiva, partecipata, a beneficio del messaggio la cui efficacia viene inevitabilmente amplificata.

 

La personalizzazione apre la porta alla creatività

È chiaro che con uno strumento del genere si possono realizzare dei contenuti molto interessanti, offrendo una customer experience unica e memorabile al cliente quando meno se lo aspetta.

Si pensi, ad esempio, a quei noiosissimi video-volantini che ancora molti supermercati realizzano e pubblicano in rete. Applicando le soluzioni Doxee Pvideo® si potrebbe renderli interattivi e più coinvolgenti: l’utente potrebbe scorrere le diverse offerte del mese e poi decidere quali approfondire in base ai suoi personali bisogni, senza dover per forza guardare tutto il video.

Se poi si potesse anche personalizzarli, i prodotti mostrati nel video sarebbero specificamente pensati per quel particolare destinatario, magari in base ai suoi precedenti acqusiti.

Un altro impiego molto interessante potrebbe essere quello legato al settore della ristorazione e, in particolare, della consegna a domicilio. Sono tanti ormai i ristoranti che propongono l’acquisto di box con cui assemblare i piatti direttamente a casa.

Utilizzando semplicemente un QR Code inserito nella scatola si potrebbe “assistere” i clienti che cucinano facendogli vedere dei video personalizzati che mostrano i consigli dello chef mentre prepara la ricetta che è stata ordinata. In questo modo, il video diventa parte integrante dell’esperienza di consumo arricchendola e rendendola per questo memorabile.

Le possibilità di inventare e cavalcare la crescita dell’e-commerce e della digitalizzazione del settore food attraverso i video personalizzati sono tante, come in cucina bisogna solo far lavorare la creatività, avendo ben chiaro il risultato che si vuole ottenere.

 

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