L’innovazione alimentare è un termine incredibilmente vasto e un fenomeno inarrestabile, che coinvolge tutte le fasi della filiera e che spinge tutte le aziende a fare del proprio meglio per rendere il cibo una componente sana, piacevole, sostenibile ed etica della nostra società.

Cominciamo partendo da una domanda: cosa si intende quando si parla di innovazione alimentare?

La risposta da dare è solo all’apparenza semplice, dal momento che l’innovazione alimentare è un tema incredibilmente ampio, che ha molte declinazioni e altrettante prospettive da cui può essere guardato. Anche perché la filiera alimentare è estremamente complessa e richiede la partecipazione di player diversi con competenze e ruoli molti specifici ed estremamente diversificati. Il che significa che per ciascuna fase e per ciascuno di questi soggetti ci possono essere delle diverse innovazioni tecniche da implementare le quali incidono in modo specifico su svariati aspetti del prodotto finale.

In ogni caso, una prima definizione di innovazione alimentare potrebbe essere quella che si ritrova nel sito di Barilla, una delle grandi eccellenze italiane del settore agroalimentare, capace come poche di concepire e realizzare un progetto organico ed articolato di innovazione alimentare. Secondo l’azienda emiliana, innovazione digitale vuol dire “introdurre nuovi sistemi, tecniche e metodi di produzione al fine di modificare radicalmente, e in meglio, processi, prodotti e servizi per clienti e consumatori. Il tutto facendo attenzione a che l’innovazione, qualunque forma assuma, introduca vantaggi reali e quantificabili”. Sebbene non copra perfettamente tutti gli aspetti dell’innovazione alimentare – come spesso accade alle definizioni – quella di Barilla è sicuramente una verbalizzazione completa ed efficace, poiché riesce a mettere in evidenza diversi punti molto rilevanti.

Primo tra tutti è il fatto che l’innovazione alimentare può toccare tanto processi quanto prodotti e servizi e pertanto gli effetti si possono estendere lungo tutta la filiera agroalimentare. In secondo luogo, Barilla sottolinea che si può parlare di innovazione alimentare solamente se il risultato che si ottiene è “reale e quantificabile”. In altre parole, se tra il “prima” e il “dopo” c’è una differenza e questa differenza è rintracciabile attraverso i dati.

Come vedremo in seguito, i dati sono, infatti, uno dei principali protagonisti di questa trasformazione sia come strumenti da utilizzare per migliorare il proprio business, sia come cartina tornasole per rendere misurabili e verificabili tali miglioramenti.

Ciò detto, un aspetto che sfugge a questa definizione è che l’innovazione alimentare rappresenta soprattutto il futuro dell’intero settore. È, infatti, inevitabile che anche la food industry si apra a tutte le diverse forme di innovazione (tecniche, procedurali, digitali), ripensando magari il proprio approccio rispetto al business. Anche perché food e innovazione sono due temi chiave quando si parla di sostenibilità: i processi produttivi nel settore agroalimentare hanno la capacità di incidere in modo radicale tanto sull’ambiente quanto sulla questione della sperequazione di risorse del nostro Pianeta.

Riuscire a nutrire il maggior numero di persone, ridurre in modo efficace il livello di sprechi, eliminare l’impatto sull’ambiente di attività quali l’agricoltura e l’allevamento: queste sono solo alcune delle sfide che possono essere affrontate e vinte proprio a partire dal cibo e dall’innovazione. Non a caso, sono sempre di più gli italiani che sono favorevoli e si aspettano un livello crescente di innovazione alimentare.

 

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Italiani, un popolo di innovatori moderati

Proprio questo emerge da una recente ricerca fatta da Doxa a tema Cibo e innovazione, le aspettative dei consumatori italiani.

Secondo tale ricerca, il 76% degli italiani afferma che l’innovazione sia importante, e addirittura 1 consumatore su 4 la considera molto importante. Tuttavia, almeno nel nostro Paese, l’innovazione deve fare i conti con la tradizione. Per il 69% dei consumatori intervistati, infatti, la cosa migliore è non prendersi troppi rischi e non esagerare con l’innovazione. Oltre questo cluster per dir così “moderato”, c’è da una parte un 16% di tradizionalisti convinti, per i quali la tradizione è un patrimonio prezioso da conservare, mentre dall’altra c’è un 15% che si considera di “innovatori spinti” che cercano costantemente la novità e l’ibridazione nel cibo.

Scendendo poi nello specifico dei prodotti, cos’è per gli italiani il cibo “innovativo”?

  • Il 37% ha risposto a questa domanda sostenendo che un cibo innovativo sia soprattutto subito pronto da consumare, facilmente preparabile, che nello stesso tempo sia però anche buono e salutare.
  • Un 23% ne fa una questione di sapori antichi e nuovi, lontani e vicini nel tempo e nello spazio (ad esempio la riscoperta di certe materie prime dimenticate o marginali che vengono messe al centro di ricette o di particolari procedure di lavorazione).
  • Una minoranza – che rappresenta il 17% – lega poi l’innovazione al maggior rispetto della natura e dei cibi migliori per l’ambiente e la salute.
  • Infine, il 23% dei consumatori intervistati considera l’innovazione alimentare sinonimo di “eco & safe”, ovvero di cibi prodotti con metodi sostenibili, che rispettino le persone e l’ambiente e che sfruttino metodi di distribuzione ecologici.

 

Una nuova responsabilità per le aziende

Da questa breve carrellata di dati si possono fare due considerazioni. La prima è che gli italiani si aspettano che tradizione e innovazione viaggino assieme e considerano entrambi due valori irrinunciabili in tavola quanto nella loro vita. La seconda è che, in generale, le aspettative degli italiani sono davvero molto alte e coinvolgono tanti aspetti del business del food, dalla produzione alla distribuzione.

Questo significa che sulle spalle delle aziende operanti nel settore alimentare ricade una responsabilità notevole che è quella di aprire e percorrere la strada dell’innovazione, facendo del proprio meglio per soddisfare tutte queste aspettative. Fortunatamente, stanno cominciando a diffondersi sempre di più delle soluzioni tecnologiche capaci di aiutare i player a vincere questa difficile sfida. Ma concretamente, quali sono queste soluzioni?

 

Catena alimentare ha un nuovo significato

La prima innovazione alimentare degna di nota è la Blockchain, che è in assoluto una delle tecnologie più promettenti applicabili all’ambito food: lo dimostra anche il fatto che aumentino costantemente i diversi progetti applicativi e di sperimentazione basati proprio su questa soluzione. Del resto, avere a disposizione un registro digitale in cui i dati sono organizzati in modo cronologico sotto forma di blocchi e salvaguardati durante ogni modifica attraverso la crittografia è un grande vantaggio per un’azienda del settore agroalimentare.

Questo permette di migliorare sensibilmente la tracciabilità di tutte i processi che vengono compiuti lungo la supply chain (ilsole24ore.it). Attraverso l’implementazione della Blockchain, infatti, tutte le informazioni relative ad un prodotto sono immutabili e completamente trasparenti, poiché tutti coloro che hanno accesso possono vedere tali informazioni e ricostruire tutti i passaggi che le hanno eventualmente modificate.

Tale possibilità è fondamentale per le aziende del settore alimentare perché, da un lato, la tracciabilità è richiesta dalle normative in merito (ad esempio il Regolamento 178/2002) e dall’altro rassicura i consumatori e tutti gli stakeholder in generale, che possono contare sull’efficacia e l’efficienza dei processi di recupero dei dati in caso di situazioni critiche come quando devono essere richiamati dei prodotti a causa di contaminazioni o di rischi per la salute.

 

Un robot per il food: l’Intelligenza Artificiale

Un’altra innovazione alimentare che sta acquistando sempre più spazio nel settore è l’Intelligenza Artificiale. Prima, occorre fare una premessa.

Secondo quanto stabilito dal World Food Summit, con il termine “sicurezza alimentare” si intende “la possibilità di garantire in modo costante e generalizzato acqua ed alimenti per soddisfare il fabbisogno energetico di cui l’organismo necessita per la sopravvivenza e la vita, in adeguate condizioni igieniche”.

Proprio l’Intelligenza Artificiale può fornire un contributo incredibile nel garantire un livello di sicurezza alimentare e nutrizionale in tutte le parti del mondo, attraverso lo sviluppo di tecnologie inclusive e aperte, che possano essere facilmente implementate in diverse aree del pianeta. Ad esempio, si può ottimizzare la semina e il raccolto, aumentando così la produttività di terreni sottoutilizzati, oppure si può migliorare la gestione e la pianificazione delle risorse, in modo da renderne più efficace l’utilizzo e dunque migliori le condizioni di lavoro.

In questo senso, i case study virtuosi non mancano.

Uno di questi è il progetto della FAO che ha permesso la creazione di WaPOR, un portale digitale che monitora e fornisce informazioni rilevanti circa la produttività dell’acqua agricola in Africa e nel Medio Oriente. Ma l’Intelligenza Artificiale non entra in gioco solo in progetti come questo dal respiro globale: grazie alla sua incredibile adattabilità, l’AI ha dato prova di poter ottenere ottimi risultati anche in altri campi.

Esattamente questo dimostra il caso di Feat Food, una start up tutta italiana che dal 2015 si occupa di consegnare a domicilio pasti sani, bilanciati e soprattutto personalizzati sulla base dei bisogni alimentari di ogni utente. E come fa a farlo? Utilizzando proprio l’Intelligenza Artificiale o più esattamente gli algoritmi di Machine Leraning che in base alle caratteristiche fisiche e agli obiettivi di forma del consumatore individuano la combinazione ideale di alimenti e la quota di calorie necessarie, in modo da preparare un piatto che bilanci gusto a necessità nutrizionali. Attraverso questo servizio, anche chi è costretto a veloci pause pranzo in cui non può cucinarsi nulla ha la possibilità di avere un pasto già pronto che sia anche salutare e nutriente, a grande beneficio della propria salute.

 

Dati e Intelligence of Things per un’agricoltura di precisione

Come si è detto all’inizio, anche i dati sono uno dei protagonisti formidabili della innovazione alimentare, specialmente quando vengono combinati all’Internet of Things. Unendo questi due elementi è infatti possibile tenere traccia dei cicli naturali, delle variazioni climatiche e di molte altre variabili che entrano in gioco quando si parla di coltivazione di prodotti naturali e realizzare così delle analisi predittive capaci di indicare quali azioni fare con quali tempistiche per ottenere il risultato migliore.

Proprio su questo tipo di combinazione si è basato il progetto IoT per l’agricoltura di precisione (Smart Farm), realizzato dalla squadra di tecnici installatori e di professionisti della data analysis targata TIM-Olivetti. La proposta del team è quella di implementare un sistema di misurazione territoriale molto accurato, che riesca a rilevare i dati metereologici e a monitorare lo stato delle coltivazioni, raccogliendo tutte queste informazioni su una piattaforma cloud di aggregazione che sia in grado di creare dei modelli locali condivisibili.

Questo progetto, che richiede l’attivazione di diverse tecnologie digitali e sul territorio, (sensori wireless, centraline di precisione, piattaforma cloud, dashboard per il monitoraggio real-time) porta con sé dei vantaggi notevoli. Si va dalla diminuzione dei tempi operativi per il controllo del livello di maturazione delle piante all’aumento della qualità dei prodotti venduti, fino alla riduzione dell’impatto ambientale diminuendo gli sprechi di acqua e di concimi.

Per non parlare poi della grande opportunità di creare degli enormi database relativi anche a periodi medio-lunghi, che si possono condividere con diversi soggetti all’interno e all’esterno della propria attività.

 

L’innovazione alimentare dà lo start a nuove attività

Finora abbiamo parlato solo di innovazioni digitali che quindi si inseriscono in attività già esistenti, modificandone anche radicalmente il funzionamento. In realtà, l’innovazione alimentare si esprime anche in modi diversi, più concreti, in particolare dando la possibilità di aprire nuovi business, presidiando inediti segmenti di mercato. Lo dimostra il fatto che sempre più spesso appaiono in Italia (e non solo) start-up che basano la loro attività su un nuovo modo di concepire la produzione, la consegna o il trattamento dei prodotti in ambito food.

Secondo, infatti, le rilevazioni dell’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano, sono 481 le giovani imprese innovative attive nell’area dell’AgriTech e del FoodTech in tutta Europa. Di queste 60 sono italiane, il che rende il nostro Paese uno tra i più ricettivi in tema di innovazione alimentare.

Le tipologie di azienda e di servizi offerti poi varia molto: si va da Cortilia, primo e-commerce di prodotti alimentari a filiera corta, che mette in comunicazione piccoli produttori di eccellenza direttamente con i consumatori, a Biospira, una start-up di giovani biologi che ha realizzato un impianto per la produzione dell’alga spirulina, un “super food” ricco di incredibili doti nutritive.

Questo dimostra che, al di là della tipologia di tecnologia che si decida di implementare all’interno della propria attività, l’innovazione alimentare è prima di tutto un approccio, un modo diverso di vedere il cibo, che non è più solo alimento, ma è soprattutto una parte importante della società, da cui dipendono tante cose: la salute, il benessere, l’ambiente e l’economia. In questo senso, innovazione e tradizione non sono in contrasto, anzi, sono parte di uno stesso processo di evoluzione che deve portare ad una produzione e ad un consumo del cibo più etico e sostenibile.

Perché oggi più che mai noi “siamo ciò che mangiamo”.

 

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