Articolo aggiornato al 19/04/2022

Video advertising per le assicurazioni: perché?

Perché le assicurazioni online dovrebbero investire nel video advertising? Il mondo del web marketing assicurativo sta cambiando e bisogna individuare pian piano nuovi modi per intercettare e fidelizzare i consumatori alla luce delle loro abitudini d’acquisto in epoca digitale. Il video advertising per le assicurazioni sembra uno di questi.

Abbiamo avuto modo di vedere la potenza del content marketing nel settore assicurativo, ma qui vogliamo scendere nel dettaglio e parlare nello specifico dei video.

Secondo una ricerca di Oberlo, il 92% degli italiani guarda video online da uno qualsiasi dei loro dispositivi. Questo dato è ancora più interessante se si pensa che nove italiani su dieci sono utenti internet, e che l’88% degli italiani effettua almeno un accesso al giorno alla rete. Inoltre, gli utenti che hanno tra i 25 e i 34 anni sono tra i più assidui seguaci dei video. La crescita è costante, trainata soprattutto dal mobile.

E la domanda di contenuti video è in costante aumento. Ben il 54% dei consumatori vuole vedere più contenuti video di un marchio o di un’azienda che supporta (Oberlo).

A questo punto è chiarissimo, come oggi, anche le compagnie assicurative devono competere necessariamente sulla capacità di realizzare strategie di video adv davvero efficace e ingaggianti. Ecco alcuni suggerimenti su come fare video advertising per le assicurazioni.

 

New call-to-action

 

Scegliere la tappa del buyer’s journey

La prima questione da affrontare è quella di individuare la fase, o le fasi, del buyer’s journey in cui posizionare la propria campagna. Non tutti i potenziali clienti sono nella stessa fase, quindi gli obiettivi possono essere diversi: generare nuovi lead, parlare con i prospect o migliorare l’engagement con i clienti.

Ognuno di questi obiettivi richiede, certamente, una comunicazione ad hoc, cioè creata appositamente. E, di conseguenza, dei video che rispecchino l’obiettivo e che facciano in modo, a loro volta, che il cliente o potenziale cliente ci si identifichi.

Qualche mese fa, ad esempio, una grande compagnia assicurativa ha lanciato sui propri canali social (Twitter, LinkedIn e YouTube) una campagna di video advertising online, per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della protezione, della sicurezza e della gestione del rischio.

Questo tipo di messaggi, in particolare, si colloca all’inizio del buyer’s journey e ha soprattutto carattere valoriale e informativo. Cerca di focalizzarsi sul ruolo che l’assicurazione svolge nella prevenzione da infortuni, sinistri, danni in generale.

Se, invece, si volesse richiamare l’attenzione sul momento del rinnovo, rivolgendosi quindi a un cliente che ha già stipulato una polizza, bisognerebbe puntare su una strategia rivolta alla familiarità e alla nostalgia: raccontare com’è andato l’anno trascorso insieme, sottolineare anche implicitamente le ragioni che dovrebbero spingere il cliente a non cambiare compagnia, evidenziare i benefit per cui sceglierla nuovamente.

Niente paura per lo script e i costi

Di fronte alla sfida di creare video advertising per le assicurazioni online, le aziende potrebbero essere preoccupate da due aspetti convergenti: la scrittura dello script e i costi.

L’esigenza di disporre di un copione che dia un taglio creativo alla clip sarebbe vista come una difficoltà, perché associata al coinvolgimento esterno di un’agenzia pubblicitaria e al relativo impegno di spesa.

In realtà, se si pensa attentamente, i dati a disposizione delle assicurazioni sono immensi. Quindi, in un certo senso, il canovaccio è già presente nei tanti dati raccolti dalla compagnia, che può contare sulle richieste di preventivo, sulle domande pervenute via web, sullo storico dei contratti firmati da un’ampia platea di clienti.

Lo storytelling nasce quasi naturalmente da questo patrimonio, a patto che si disponga ovviamente di un sistema di Customer Communication Management (CCM) in grado di organizzare, segmentare e trasformare il flusso informativo in un racconto dinamico e in grado di essere accattivante e ingaggiante.

Quello che si è sempre fatto, ad esempio con la stesura e l’invio dei documenti transazionali che confermano appunto la transazione avvenuta fra le parti, adesso può diventare un video esplicativo volto ad informare e sicuramente molto più accattivante di un arido testo corredato da clausole scritte in corpo 8. Infatti una ricerca è risaputo che vede un video conserva il 95% del messaggio, rispetto al 10% di quando viene letto un testo scritto (Wirebuzz).

Non servono né comparse né registi: lo stesso sistema CCM che raggruppa e ordina i dati può prevedere quale output video con avatar che portano il nome e il cognome dei clienti, creando un video personalizzato.

 

New call-to-action

 

Il video advertising dentro una strategia di digital marketing

La video advertising strategy deve tenere in considerazione la diffusione di questi video sulle diverse piattaforme social, a seconda delle esigenze, ma con una avvertenza. Le assicurazioni online devono tenere conto delle abitudini degli utenti sia in relazione al loro brand sia rispetto alle tendenze che si manifestano sul mercato.

Nel primo caso, l’eventuale apprezzamento dei clienti a ricevere mail informative può essere confermato e arricchito da un ulteriore upgrade con la ricezione di un video. Inserire un video nella propria campagna di email marketing aumenta il CTR (Click-Through-Rate) del 65% (campaignmonitor.com).

Nel secondo, è bene ricordare che anche il caricamento dei video segue le logiche del contenitore che li ospita. Non si possono, quindi, postare su una Fan Page vuota e poco animata per gran parte del tempo.

Il video va inserito in una più ampia strategia di digital marketing con una programmazione puntuale delle uscite – post, eventi, storie, tweet ecc. – su uno o più social. Analogamente, se Instagram ha ritmi di crescita superiori al suo fratello maggiore e LinkedIn si conferma al terzo posto tra i social network più usati in Italia, questi trend non possono essere trascurati nella pianificazione di una campagna video vincente.

Il consiglio più importante è di scegliere comunque il social più adatto alle esigenze e al tipo di audience di riferimento.

Misurare la video advertising strategy con il ROI

Per capire se la campagna video ha funzionato o sta funzionando esistono diversi parametri di ROI (Return On Investment).

Brand awareness

La brand awareness è il grado di notorietà che riesce ad acquisire il tuo marchio. Quanto i tuoi prodotti e servizi sono riconoscibili e riconducibili alla tua azienda. Quindi la domanda da porsi è: da quando hai avviato la tua campagna di video advertising, quanto è aumentata la notorietà della compagnia?

Puoi ricavare queste informazioni grazie a Google Analytics e verificare l’incremento del traffico sul sito, quanto questo traffico sia stato generato dal video inviato tramite email o postato su una piattaforma social, dalle ricerche relative su Google, dai click e dalle condivisioni.

 

New call-to-action

 

Churn rate

Il churn rate, o tasso di abbandono è la percentuale dei clienti o abbonati che smettono di usare i servizi offerti da una azienda per un periodo di tempo.

Quindi, in occasione dei rinnovi delle polizze, verifica quanti clienti sono stati confermati grazie alla tua campagna di video advertising? In rapporto ai clienti che usufruiscono dei servizi assicurativi, qual è stata la percentuale di abbandono rispetto all’anno precedente? Il churn rate è una misura, vista al contrario, del livello di engagement.

Miglioramento dell’engagement

Per capire se la strategia di video advertising per le assicurazioni sta funzionando, c’è da considerare la metrica dell'”engagement on-site”. Abbiamo parlato ampiamente dell’engagement marketing. Questo ci permette di monitorare e misurare il coinvolgimento e quindi verificare come i visitatori interagiscono con i tuoi contenuti.

Ci sono due aspetti da tenere in considerazione: la frequenza di rimbalzo e il tempo di permanenza sulla pagina.

Un bounce rate basso non è preoccupante. Significa che i visitatori non si fermano solo alla singola pagina ma visitano più parti del sito. Ovviamente, nel momento della valutazione, bisogna tenere in considerazione le pagine create specificatamente per un’unica sessione, quindi in questo caso un valore alto è completamente normale.

Mentre un bounce rate troppo elevato, può essere un segnale che sta ad indicare problemi SEO. In questo caso, è bene orientarsi verso l’ottimizzazione.

Il tempo di permanenza sulla pagina, invece, concentra l’attenzione sulla durata che i visitatori trascorrono su pagine specifiche e permette di indentificare quali sono le pagine che stanno attirando la maggior attenzione, quelle che “funzionano” meglio. Saperlo, permette sia di ottimizzare al meglio queste ultime, che lavorare su quelle pagine che non ottengono i risultati desiderati.

Con Google Analytics è semplice ricavare questi dati.

Purchase influence

Molti fattori diversi possono influenzare i risultati delle decisioni di acquisto. Alcuni di questi fattori sono specifici della situazione di acquisto: cosa stai acquistando esattamente e per quale occasione. Altri fattori sono specifici di ogni persona: il background, le preferenze, la personalità, le motivazioni e lo stato economico di un individuo.

Insomma, è sempre bene porsi un obiettivo e poi vedere se si è riusciti a raggiungerlo. Di quanto sono cresciute le vendite dopo il lancio della campagna? Se lo scopo della compagnia online era quello di ampliare il numero degli assicurati, la strategia di video advertising è riuscita a raggiungerlo? E se sì, in che proporzione? Il parametro dell’influenza sull’acquisto è la cartina di tornasole che il metodo funziona davvero.