Articolo aggiornato al 09/05/2022

Introduzione ai trend nel settore idrico

Anche se il mercato dell’acqua nel nostro Paese appare – e probabilmente lo è davvero – straordinariamente caotico possiamo forse individuare nel tentativo di coniugare successo economico e rispetto del bene comune la direzione lungo la quale il settore si è mosso negli ultimi 50 anni. Parallelamente all’evoluzione tecnologica, alcuni trend sembrano essersi affermati nel settore idrico:

  • adozione di una logica compiutamente imprenditoriale;
  • attenzione alla sostenibilità ambientale;
  • riconoscimento della rilevanza del consumatore finale;
  • impiego intensivo dei nuovi strumenti messi a disposizione dalla digitalizzazione, declinata, a sua volta, sulle due dimensioni dell’asset management e del servizio e articolata nell’accezione di personalizzazione, dematerializzazione, centralità dell’esperienza cliente.

In questo articolo, che si concentra sull’impiego di tecnologie innovative nel settore idrico, proveremo a dare alcune coordinate, per definire qual è il contesto in cui queste tendenze operano e in che modo impattano sul sistema di valori e sui risultati di business delle principali imprese del settore.

 

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Il contesto: la normativa del settore idrico in Italia

In Italia, l’acqua e la sua gestione hanno attraversato, soprattutto negli ultimi 50 anni, una storia molto movimentata, che si riflette in un quadro normativo che è cambiato molte volte ma non sembra ancora aver raggiunto una sistemazione definitiva.

Dal Regio decreto del 1933 al servizio idrico integrato della legge Galli

La proprietà dell’acqua da parte dello Stato italiano viene stabilita ufficialmente già con il Regio Decreto del 1933. Per riuscire però ad affrontare il tema della gestione dell’acqua da un punto di vista più moderno, arrivando finalmente a parlare di servizio idrico integrato – e intendendo con questa espressione l’intero ciclo idrico come sistema – si deve aspettare la cosiddetta legge Galli (legge n.36 del 5 gennaio 1994), che all’articolo 4 afferma:

“(il servizio idrico integrato) è costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue”.

Detto in altre parole, il servizio idrico integrato comprende il trasporto che avviene attraverso la rete degli acquedotti (i tubi in cui l’acqua scorre, che sono solitamente di ghisa, acciaio o cemento); la distribuzione, quando l’acqua giunge nelle case per i diversi usi quotidiani; la fognatura attraverso tubazioni preposte a raccogliere le acque di scarico prodotte dall’uomo o dalle attività economiche, per recapitarle a impianti di depurazione; la depurazione, che ha la funzione di restituire all’ambiente l’acqua in buone condizioni, affinché possa essere riusata.

Nella legge Galli sono inoltre poste le basi per sviluppare più sofisticate riflessioni di natura ecologica, economica e organizzativa. Viene per esempio introdotto il concetto di salvaguardia dell’acqua, risorsa pubblica da gestire secondo criteri di solidarietà a beneficio delle generazioni future, e viene prevista la creazione delle autorità di ambito territoriale ottimale (AATO), organi per il controllo e la tutela definiti dalle regioni. Quest’ultimo punto è particolarmente importante per il discorso che stiamo qui portando avanti: la possibilità di appalto a imprese pubbliche o private, che sono allo stesso tempo vincolate alla copertura dei costi attraverso le tariffe, si traduce di fatto nel tentativo di improntare il servizio ad una maggiore efficienza tanto che per la prima volta la gestione del settore risulta chiaramente impostata su una logica tipicamente imprenditoriale.

 

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La contendibilità del servizio: il Decreto Ronchi del 2009 e il referendum del 2011

Nel 2009 il Decreto Ronchi impone ai comuni e alle province che gestiscono l’acqua tramite società pubbliche di mettere a gara il servizio, e obbliga le società miste pubblico-private a far scendere la quota di capitale pubblico al 30% entro il 2015. Entrambe le disposizioni sono state abolite dal successivo referendum del giugno 2011, generando una certa confusione normativa tanto che, ancora adesso, da più parti, si continua a richiedere una definizione finalmente puntuale ed esaustiva della governance.

In generale, per quanto riguarda il piano di gestione operativa, attualmente la situazione è regolata dalle leggi regionali che riferiscono in merito al funzionamento delle singole AATO, delle concessioni e della composizione delle tariffe. Agli Enti di Governo dell’Ambito (EGA), gli organismi individuati dalle Regioni per ciascun Ambito Territoriale Ottimale, è trasferito l’esercizio delle competenze dei Comuni in materia di gestione delle risorse idriche, compresa la programmazione delle infrastrutture idriche. L’Ente di governo dell’ambito, nel rispetto del piano d’ambito e del principio di unicità della gestione, procede alla scelta della forma di gestione fra quelle previste dall’ordinamento europeo, provvedendo conseguentemente all’affidamento del servizio idrico integrato. Il diritto eurounitario ha delineato tre paradigmi organizzativi e gestionali: affidamento mediante gara, partenariato pubblico-privato con gara per la scelta del socio privato (PPP); in house providing (fonte: arera.it).

Il pacchetto sull’economia circolare: l’Europa chiede maggiore attenzione per l’ambiente

Anche l’Europa è intervenuta con varie direttive, esprimendosi principalmente sulle tematiche ambientali. Tra le molte pronunce, a titolo d’esempio, ricordiamo quelle sugli obblighi di monitoraggio della quantità minima di agenti chimici presenti nell’acqua.

La pubblicazione del “pacchetto” sull’economia circolare da parte del Parlamento europeo (datata 14 marzo 2018) ha affiancato all’impegno sulla questione ambientale l’attenzione per gli aspetti industriali e di business. Soffermandosi su ciascuno dei tre settori pillar delle aziende multiutility —riciclo dei rifiuti, produzione e distribuzione di energia e, appunto, ciclo idrico — le disposizioni europee contenute nel pacchetto hanno indicato uno specifico modello di business, al tempo stesso ecologico, sostenibile e proficuo dal punto di vista dei risultati economici che può essere costruito solo impiegando soluzioni tecnologiche abilitanti. Detto in altre parole, la direzione in cui si muove il Parlamento Europeo rispecchia un trend globale: la tecnologia viene sempre più concepita come strumento privilegiato attraverso cui agire per favorire lo sviluppo sostenibile, aumentare le prestazioni, migliorare l’esperienza dei cittadini. I nuovi strumenti messi possono aiutare le imprese che operano nel settore idrico a ottimizzare i loro processi sia nel caso di infrastrutture e hardware sia nel caso dei servizi al cliente finale.

Anche se le infrastrutture continuano ad essere il perno attorno a cui ruota il sistema di investimenti di aziende e istituzioni, lato servizi le cose hanno cominciato a muoversi a velocità vertiginose: la complicazione del funnel di acquisto, in seguito all’aumento esponenziale della quantità di informazione disponibile e al proliferare dei touch point digitali, rende sempre più necessaria una maggiore flessibilità per differenziare in modo preciso i consumi, per profilare con accuratezza l’utente, detto altrimenti: per personalizzare il servizio, proiettando il cliente finale al centro del sistema di valori e delle pratiche produttive d’impresa, in una specie di rivoluzione copernicana che investe l’intero settore.

Il ruolo dell’acqua nel ciclo economico: i principali trend

Tipologia di gestore. Secondo Utilitalia (organizzazione che associa enti e strutture impegnate nella pianificazione e progettazione di sistemi idrici su scala locale) la distribuzione della popolazione nazionale per tipologia di gestore evidenzia in modo chiaro un trend per il settore idrico: una presenza preponderante del pubblico a livello globale (la gestione è “pubblica”, in qualche misura, nel 98% delle realtà scrutinate):

  • società pubblica (100%) 53%
  • società mista a maggioranza/controllo pubblico 32%
  • gestione diretta dell’ente locale 12%
  • società mista a maggioranza/controllo privato 1%
  • società privata 2%

Tipologia di consumi e criticità. Nel recente rapporto dell’ISPRA n. 323/2000, intitolato “Le risorse idriche nel contesto geologico del territorio italiano. Disponibilità, grandi dighe, rischi geologici, opportunità”, viene sottolineato che:

“il settore agricolo utilizza il 60% dell’intera richiesta di acqua, il settore energetico e industriale il 25% e gli usi civili il 15%. Il consumo d’acqua pro-capite vede l’Italia al primo posto in Europa ed al terzo su scala globale dopo Stati Uniti e Canada, tuttavia con valori estremamente variabili sul territorio nazionale che spaziano da 150 a 400 litri al giorno. Ma il dato preoccupante riguarda le perdite delle reti di distribuzione, che purtroppo fa rilevare un tasso di circa il 40 per cento, sia per l’uso potabile che per quello irriguo”.

In Italia, esclusi i primi 10-20 operatori, la taglia media dei gestori del servizio idrico è ridotta: più del 50% delle aziende ha un fatturato inferiore ai 10 milioni (fonte: ilsole24ore.com). Questa percentuale sale drammaticamente al Sud (fino a sfiorare l’80%) dove invece sarebbe più che mai necessario procedere a un ammodernamento, di fatto impossibile con le risorse limitate attualmente a disposizione.

Questo il panorama italiano, descritto sommariamente nei termini della tipologia di gestione (pubblico-privato), dei principali impieghi dell’acqua e delle problematiche endemiche che ancora affliggono il territorio. Tentiamo adesso di scendere nel dettaglio, gettando uno sguardo ravvicinato sui trend che caratterizzano i comparti economici e industriali del settore idrico nella nuova normalità imposta dalla pandemia. Quello che scopriamo è in realtà un contesto progettuale ricco, aperto e in pieno sviluppo.

Settore idrico: una filiera resistente, reattiva, resiliente

Una mappa realizzata da The European House – Ambrosetti mostra come la filiera dell’acqua sia attualmente la seconda in Italia per valore aggiunto e abbia resistito all’emergenza prodotta dal diffondersi del COVID-19 decisamente meglio rispetto ad altri comparti: il settore idrico vale infatti oggi 310,4 miliardi di Pil che vale, direttamente o indirettamente, poco meno di un quinto del Pil del Paese (310,4 miliardi), nel senso che quei soldi non potrebbero essere generati senza la risorsa acqua. Il valore, per dare un parametro, è pari quasi a quello dell’intero Pil del Sudafrica, e supera quello di Finlandia (240 miliardi), Portogallo (212 miliardi) e Grecia (187 miliardi).

La mappatura di The European House – Ambrosetti restituisce un settore vitale, con quasi 1,8 milioni di aziende coinvolte in Italia nella filiera dell’acqua, di cui:

  • 1,5 milioni sono imprese agricole, per le quali l’acqua è l’input produttivo primario;
  • 452 sono imprese manifatturiere definite “idrovore” (che si caratterizzano cioè per un’intensità di utilizzo di acqua e prelievi idrici sopra la media del settore manifatturiero);
  • 181 imprese del settore energetico;
  • 533 aziende che operano in almeno una delle sette fasi del ciclo idrico integrato (dalla captazione al riuso) e fornitori di input per la stessa filiera primaria (provider di tecnologia e software, fornitori di macchinari e impianti).

Tutte queste realtà fatturano nel loro insieme oltre 1.020 miliardi di euro (60,5 miliardi le imprese agricole, 902 quelle manifatturiere idrovore, 237 miliardi quelle energetiche, 21,4 miliardi quelle coinvolte a vario titolo nelle diverse fasi della catena produttiva, il cosiddetto “ciclo idrico esteso”) e occupano in tutto 4,6 milioni di lavoratori.

La digitalizzazione come principale trend del settore idrico oggi in Italia

Sulla scorta di quanto scritto fin qui, possiamo allora affermare che il mercato dell’acqua, anche se frammentato a livello strutturale e con alcune gravi criticità ancora da risolvere, rappresenta un comparto industriale enorme, fondamentale e strategico. Il business dell’acqua, sulla scorta dell’innovazione tecnologica e all’interno di un approccio sempre più smart, ha visto cambiare negli ultimi anni modalità e organizzazione.

La brand identity di tutti colossi del settore è oggi inevitabilmente pervasa dai concetti di sostenibilità ambientale, efficienza energetica, trasparenza. Tuttavia, il trend che ha dettato nuovi punti di riferimento, rinnovato filosofie aziendali e imposto modelli di business alternativi è stato, forse, la profonda ridefinizione del ruolo dell’utente, che è diventato vero e proprio patrimonio e valore aggiunto delle company del settore. Questa assunzione di centralità da parte del consumatore è una diretta conseguenza di una serie di processi. Tra questi processi, di diversa natura – tecnologica, industriale, economica, culturale – quello della digitalizzazione riveste indiscutibilmente enorme importanza.

Per gestire il cambiamento e potenziare i servizi al consumatore, le company del settore idrico – così come quelle che si occupano di energia e utilities – da un lato hanno dovuto imparare velocemente a utilizzare le straordinarie funzionalità delle risorse digitali, dall’altro sono state chiamate a riorganizzare i dipartimenti di marketing e customer care, destinati da quel momento a svolgere un compito divenuto essenziale: instaurare un dialogo one-to-one e su misura con i propri clienti.

Riuscire ad aprire un canale, mantenere vivo il contatto e fornire una customer experience soddisfacente: per centrare questi obiettivi il servizio clienti delle aziende del settore idrico può contare oggi su un ampio range di soluzioni, per esempio:

  • può sfruttare le potenzialità dello smart content marketing, la tecnologia digitale attraverso la quale diventa possibile costruire relazioni forti ad ogni touch point. Grazie all’esperienza di micro siti personalizzati i clienti ottengono infatti le risposte che cercano ogni volta che vogliono navigando su percorsi costruiti a partire dai loro specifici profili di consumo;
  • può impiegare lo storytelling coinvolgente del video marketing, che apre vaste possibilità di partecipazione per i consumatori, fornendo avvisi, informazioni sulla filiera dell’acqua, indicazioni su procedure e modalità di pagamento;
  • può, infine, godere dei vantaggi della dematerializzazione, passando dal cartaceo al digitale e godere così di numerosi vantaggi che si traducono in risparmio economico, risparmio di tempo, maggiore efficienza.

Al di là delle novità, una importante conferma

Nel nostro Paese le organizzazioni che si occupano della gestione dell’acqua – risorsa essenziale che deve essere amministrata con infinita cura – non solo devono trovare le soluzioni a minor impatto ambientale, ma devono inoltre imparare a muoversi con estrema intelligenza in un contesto caratterizzato da una certa confusione normativa e amministrativa e da una distribuzione diseguale degli investimenti.

Nonostante queste innegabili difficoltà, alcune legate all’attualità e alla contingenza, altre croniche e strutturali, il settore idrico italiano mostra segnali incoraggianti: ha raggiunto negli ultimi anni risultati importanti in termini di ricerca e innovazione e offre, come abbiamo visto, grandi margini di crescita economica. Ciò che sembra concorrere maggiormente alla vitalità del comparto è l’impiego sempre più indispensabile degli strumenti messi a disposizione dalla digitalizzazione.

È la digitalizzazione, infatti, che si conferma il trend nel settore idrico da tenere assolutamente d’occhio, capace di ricomprendere in sé anche le altre tendenze che abbiamo individuato nell’articolo: l’adozione di una logica compiutamente imprenditoriale, l’attenzione alla sostenibilità ambientale e soprattutto il riconoscimento della rilevanza del consumatore finale.