La crescente attenzione da parte delle aziende verso la creazione di un sistema di raccomandazioni personalizzate efficace e reattivo si inserisce in un contesto in cui, per costruire una relazione solida con i consumatori, mettendosi così al riparo dal pericolo di customer churn, è necessario non solo parlare con loro ma ascoltarli ogni volta che se ne presenta l’occasione. Alla base di quest’ascolto c’è la capacità di raccogliere, processare e interpretare tutti i dati che li riguardano.

In questo articolo parleremo del modo in cui le raccomandazioni personalizzate sono utilizzate dai brand all’interno delle loro strategie di marketing e comunicazione, concentrandoci sulle tecniche di personalizzazione oggi più efficaci.

Concluderemo con un focus sul Rental, provando a mettere in luce le opportunità che le raccomandazioni personalizzate possono offrire alle aziende che operano nel settore del noleggio.

 

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Come colmare il divario tra aspettative dei consumatori e risposta dei brand?

La pandemia di Covid-19 ha impresso una notevole accelerazione alla transizione verso una società digitale. I clienti sono migrati ai canali digitali in numero record: un sondaggio di Eurofound  ha rilevato come più di 1 lavoratore su 3 nel 2020 abbia ha lavorato esclusivamente da casa. Ciò significa che si è affidato quasi esclusivamente a strumenti digitali per socializzare, lavorare e accedere a tutti i servizi di cui aveva bisogno.

Quest’adozione impetuosa, favorita dai lunghi periodi di lockdown, ha prodotto un profondo cambiamento nelle aspettative dei consumatori: nel giro di poco tempo – settimane, giorni – i consumatori hanno cominciato ad aspettarsi che i brand ricordassero chi erano, da dove provenivano e cosa preferivano, indipendentemente dal canale che stavano utilizzando.

E sebbene molte aziende abbiano già iniziato a investire su attività, tecnologie e approcci per arrivare a sviluppare una comunicazione personalizzata soddisfacente, il divario tra le aspettative dei consumatori e la risposta dei brand sembra ancora lontano dal dirsi colmato.

Secondo lo State of Personalization 2021 di Twilio Segment, se l’85% delle aziende prese in considerazione crede di offrire esperienze personalizzate, solo il 60% dei consumatori sembra pensarla allo stesso modo. Ma quegli stessi consumatori affermano in maggioranza che sarebbero disposti a diventare clienti abituali dopo un’esperienza di acquisto personalizzata (il 44% del campione nel 2017, sono aumentati del 16%). Addirittura, un terzo degli intervistati sceglierebbe il marchio che meglio dimostra di conoscerli e riconoscerli, anche se altrove sono disponibili opzioni più economiche o più convenienti.

In conclusione: i brand che oggi non sono in grado di fornire una vera personalizzazione perderanno clienti e ricavi a favore di quelli che si sono invece organizzati per offrirla.

 

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Co-creazione di esperienze uniche: il ruolo delle raccomandazioni personalizzate

Le interazioni tra il consumatore e l’azienda, se personalizzate, consentono esperienze uniche che possono essere usate a loro volta come altrettante leve per ottenere un vantaggio competitivo. Lo storico degli acquisti e, ancor meglio, la relazione maturata attraverso i diversi touchpoint di marketing influenzano le aspettative presenti dei clienti e ne determinano le scelte future. Di conseguenza, fornire input calibrati sui singoli profili utente, contenuti su misura e un servizio proattivo potrebbe rompere il circolo vizioso di aspettative tradite e abbandono e contribuire a formare una nuova esperienza.

Facendo un ulteriore passo avanti in questa direzione possiamo parlare di una vera e propria co-creazione di esperienze, che prendono gradualmente forma durante le occasioni di incontro e di scambio tra gli attori coinvolti: brand, consumatori, influencer, e chiunque partecipi, a vario titolo, alla conversazione su un dato prodotto o servizio. La valutazione positiva dell’esperienza avuta nella totalità di quei momenti definisce il valore percepito dal consumatore.

È qui che le raccomandazioni personalizzate giocano un ruolo fondamentale: sfruttando la conoscenza incorporata nei dati – dati qualitativi soprattutto – prodotti all’interno di questi processi di co-creazione, sono capaci di ritagliarsi uno spazio privilegiato all’interno di un flusso comunicativo bidirezionale e polifonico. E tanto più massimizzano il potenziale informativo dei dati, tanto meglio le raccomandazioni personalizzate possono intercettare bisogni e desideri reali.

 

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Come le raccomandazioni personalizzate sfruttano il potere dei dati

Anche se si basano su tecnologie digitali particolarmente sofisticate, le raccomandazioni personalizzate funzionano con un meccanismo piuttosto intuitivo: mostrano in corrispondenza dei differenti touchpoint (distribuiti strategicamente su siti web e social) una selezione di suggerimenti relativi a prodotti servizi. Questa selezione, pensata unicamente per quel particolare visitatore, è sempre più il risultato di un algoritmo.

Detto in altre parole, quanto più le raccomandazioni personalizzate sfruttano il potere dei dati tanto più acquistano rilevanza per l’utente e si dimostrano efficaci nell’indirizzarne le scelte di acquisto. Al cuore delle moderne attività di raccomandazione, supportate dall’intelligenza artificiale, dal machine learning e dall’analisi predittiva, si trovano tutti quei dati che, opportunamente letti e compresi, esprimono uno specifico comportamento dell’utente.

È in questo senso che le raccomandazioni personali finiscono per impattare in modo più o meno diretto sull’intera customer experience.

 

Il segreto di un efficace sistema di raccomandazioni personalizzate è nella continuità

Un sofisticato motore di raccomandazioni personalizzate basato sull’intelligenza artificiale permette quindi di massimizzare – in termini di aumento delle vendite e dei ricavi – i risultati prodotti dalle stesse. Le aziende possono sfruttare le informazioni, che acquisiscono in maniera via via più dettagliata, per mostrare alle persone quegli articoli che più probabilmente vorranno acquistare, a partire, per esempio da una homepage che sembra progettata appositamente per ciascuna di loro.

La vera novità dell’approccio di cui Amazon è maestro assoluto non si risolve nel “cosa” – fornire agli utenti esattamente quello che vogliono quando lo vogliono – ma anche nel “per quanto tempo”: l’esperienza personalizzata non può esaurirsi, una tantum, in una serie conclusa di interazioni finalizzate all’acquisto, ma deve accadere con continuità a livello quotidiano e sulla base del comportamento in tempo reale del cliente sulle piattaforme.

Detto altrimenti: le mille aziende in competizione nel mercato online, non possono permettersi di adagiarsi su una visione statica della personalizzazione, che invece, in quanto processo, continua ad evolversi. Dal targeting comportamentale al deep learning, dalla personalizzazione dei contenuti all’ottimizzazione del tasso di conversione, l’imperativo è raddoppiare gli sforzi nel tentativo di sintonizzarsi su un concetto di personalizzazione mobile e d a più facce, in un attento fine tuning che consenta l’aggiornamento continuo dei dati sui le raccomandazioni personalizzate si basano.

 

Buone pratiche per raccomandazioni personalizzati davvero efficaci

Per potenziare la loro strategia e mettere a valore il patrimonio informativo costituito dai dati di cui sono in possesso, i dipartimenti marketingcomunicazione e servizio ai clienti possono oggi scegliere tra differenti modalità, con cui consigliare prodotti “personalizzati”. Eccone alcune.

  • Raccomandazioni basate sulla cronologia di navigazione o di acquisto dell’utente: i dati storici vengono utilizzati per offrire prodotti correlati unici a ciascun visitatore. È la tecnica di personalizzazione da cui, nel 2010, prese avvio il percorso di trasformazione di Amazon. Il widget “I clienti che hanno acquistato…” fece fare al colosso dell’e-commerce un enorme balzo in avanti (e funziona benissimo ancora adesso). Secondo l’azienda, quasi il 35% delle sue vendite deriva dalle raccomandazioni personalizzate, e quasi il 56% di queste ha buone probabilità di essere convertita in un acquisto.
  • Raccomandazioni basate sulla posizione o sul profilo del cliente: geolocalizzazione, condizioni meteorologiche, informazioni sull’età o sul sesso del visitatore.
  • Raccomandazioni basate sull’affinità di prodotto: consigli basati su ciò che altri utenti simili hanno fatto
  • Raccomandazioni che ricordano agli acquirenti gli articoli che hanno sfogliato ma non hanno acquistato. È il retargeting, una funzionalità di marketing digitale che agisce come una sorta di promemoria, attraverso la pubblicazione di annunci che vengono visualizzati su altri siti Web visitati dal cliente o inviati tramite e-mail. Sebbene sia una tecnica consolidata, può facilmente risultare fastidiosa se non eseguita con tutta la prudenza e le accortezze possibili. Se gli annunci vengono visualizzati troppo presto, troppo frequentemente o troppo tardi nel processo, il rischio è quello di peggiorare la qualità dell’esperienza utente e la reputazione del brand. Nel caso dei messaggi di retargeting è inoltre importante osservare chi risponde e chi no e regolarsi di conseguenza, limitando il numero azioni di retargeting per coloro che non interagiscono.
  • Raccomandazioni che suggeriscono prodotti o servizi complementari. Per fornire qualcosa a cui un cliente potrebbe essere interessato, le aziende hanno oggi a disposizione algoritmi ancora più sofisticati che consentono, per esempio, l’elaborazione di raccomandazioni di prodotti complementari a ciò che l’acquirente ha già sfogliato o acquistato.
  • Raccomandazioni costruite per alimentare un discorso fuori dai canali proprietari del marchio. È una tattica particolarmente promettente che intervenendo sugli elementi del messaggio (visual, struttura, tone of voice, call to action) può favorire la condivisione di contenuti all’interno della comunità dei consumatori, e così facendo
    • aumentare la rilevanza di quel prodotto e quel brand,
    • alleggerire il carico di lavoro di assistenza per il customer care, che deve, in ogni caso, insieme a marketing e social media manager, monitorare sempre i topic (hashtag e menzioni) che riguardano il marchio, per intervenire laddove ci sa necessità di riaffermarne la storia e i valori.

 

Focus sul Rental: su quali dati concentrare l’attenzione?

Anche nella sharing economy, le raccomandazioni personali giocano un ruolo importante perché sono in grado di influenzare fortemente la decisione delle persone di partecipare a un servizio di condivisione.

Facciamo un piccolo passo indietro: sembra che in questo contesto l’input decisivo arrivi spesso dagli amici che hanno già avuto esperienza con un servizio di condivisione e che sono consultati al momento di decidere se adottare un servizio o quale servizio scegliere (fonte: Roman Netsiporuk, The Customer Experience in the Sharing Economy: A Context Specific Approach to Airbnb). Ma se il passaparola è ancora oggi una straordinaria arma in grado di amplificare la portata dei messaggi, e di supplire alla mancanza di accesso alle informazioni, o alla difficoltà di reperirle.

Come fa acutamente notare Anna Almanza (fonte: rentalblog.it), se nel caso delle imprese che operano nel settore Rental non c’è alcun dubbio sull’esigenza di acquisire maggiori informazioni sui clienti, per meglio andare incontro ai loro bisogni e desideri, meno scontato è invece cogliere i segnali sulle loro intenzioni future. Per formulare ipotesi accurate è allora necessario raccogliere, centralizzare e interpretare tutte le informazioni disponibili relative al rapporto di fornitura, così da cogliere con tempestività gli eventuali attriti sperimentati dal cliente e intervenire prontamente per minimizzarli.

Le informazioni da monitorare possono essere ricondotte a due macro categorie:

“nella prima, l’informazione è acquisibile nell’ambito del rapporto con l’azienda cliente e i suoi bisogni (relazione tra il cliente e l’azienda di noleggio); nella seconda, gli elementi da considerare derivano dal rapporto esterno alla relazione e riguarda l’azienda cliente e il suo mercato. Nel primo caso, l’informazione è acquisibile attraverso un livello di intimità e conoscenza dei clienti, guardando oltre i risultati di vendita, cercando di indagare sulle attuali motivazioni alla base delle decisioni di scelta e di acquisto e sull’evoluzione futura dei comportamenti. Nel secondo caso, bisogna concentrarsi sul valore potenziale del cliente quindi, percepire le dinamiche del settore in cui opera e costruire una sorta di osservatorio che consideri il suo tasso di crescita, il livello di competitività all’interno del suo settore, la performance economica e il relativo vantaggio competitivo, la struttura organizzativa e le figure coinvolte durante la fornitura del servizio di noleggio”.

Nel caso del Rental, un sistema di raccomandazioni personalizzate che possa effettivamente essere di supporto alle iniziative di marketing, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di business, deve potersi basare sui dati di entrambe queste dimensioni.

 

Raccomandazioni personalizzate specifiche sul servizio: i dati indispensabili

La qualità specifica delle raccomandazioni personalizzate nel caso delle aziende di noleggio è che descrivono, commentano, consigliano un servizio – o meglio un portafoglio di servizi. Si tratta di dati:

  • che descrivono il profilo del cliente: la ragione sociale, i contatti, la data di acquisto, la durata e la tipologia dei noleggi acquistati e dei servizi accessori, il fatturato e la quota di mercato;
  • che descrivono il rapporto con il brand: la personalizzazione di prezzo applicata, la partecipazione ad attività promozionali e corsi di formazione, la gestione delle lamentele/reclami);
  • che descrivono la situazione del mercato: indicatori che esprimono in forme quantitative e misurabili i comportamenti strategici dei clienti e la profittabilità delle relazioni.

Sulla base di un database organizzato dei clienti, è possibile dunque ottenere un portafoglio articolato di servizi. E le raccomandazioni personalizzate nel caso dei player del comparto Rental estraggono valore sia dai dati relativi ai clienti sia dai dati che riguardano i servizi, configurandosi come uno degli strumenti più potenti al servizio delle aziende, in grado di contribuire in modo significativo al miglioramento dell’esperienza del consumatore.