L’auto noleggiata per l’ultima vacanza itinerante, il vestito da sera che ci ha permesso di andare alla cerimonia super elegante senza spendere una cifra astronomica, le costosissime attrezzature che ci sono servite per girare il nostro corto d’autore, la sedia ergonomica che abbiamo usato la volta che siamo rimasti bloccati lontani da casa a causa della pandemia e abbiamo dovuto lavorare da remoto – e la nostra schiena ancora ringrazia.

Sono solo alcuni dei possibili casi d’uso dell’economia del noleggio (rental economy), che viene ancora troppo spesso confusa all’interno dell’universo nebuloso della sharing economy (economia della condivisione). In questo articolo cercheremo di mettere ordine tra le vicende, umane e professionali, che ormai ciascuno di noi sperimenta con frequenza crescente – e proveremo a definire il perimetro del mercato che ruota attorno alle tante declinazioni del Rental. Cominciamo con qualche chiarimento.

 

Che cosa è la rental economy? 

Partiamo dall’inizio: che cosa distingue la rental economy dalla sharing economy? Per rispondere è innanzitutto fondamentale riconoscere le due categorie a cui appartengono le piattaforme digitali della cosiddetta sharing economy.

  1. Da un lato, esistono forme di condivisione di beni e servizi, veri e propri scambi materiali e immateriali, a titolo sostanzialmente gratuito (il caso limite è quello della gift economy): non avviene una transazione economica ma solo una messa in comune di esperienze o informazioni che permette agli utenti di relazionarsi, partecipare dello stesso bene, ottimizzare i costi in una prospettiva di eco-sostenibilità.
  2. Dall’altro lato trovano posto attività commerciali che offrono un servizio in cambio di un corrispettivo economico: le piattaforme si configurano allora come luogo di offerta di servizi e prodotti diretti a soddisfare uno specifico bisogno del consumatore, da parte di utenti che si comportano come veri e propri imprenditori (fonte: Marco Antonio Rizzo, Nascita ed Evoluzione delle Sharing Economy: il dono e le relazioni creano felicità).

E adesso torniamo alla domanda del titolo: sì la rental economy rappresenta la nuova frontiera della sharing economy perché, di fatto, quella che chiamiamo sharing economy, spesso non è basata affatto sulla condivisione gratuita, ma sul noleggio. Per questo una espressione più adatta sarebbe forse “pay as you go”, oppure in italiano “noleggio diffuso“, dove il termine “noleggio” (come quello di macchine o autovetture) richiama il concetto di pagamento per i servizi offerti, mentre il termine “diffuso” segnala come il fornitore di questa offerta non sia sempre e solo un’azienda strutturata, ma anche un singolo privato.

 

Il Rental nel contesto italiano: una crescita costante

E in Italia? Seppur in ritardo, anche nel nostro Paese l’utilizzo a noleggio di macchine e attrezzature, beni strumentali, sistemi di lavoro e perfino rami d’azienda, è ormai una necessità riconosciuta in gran parte dei settori (fonte: Rentalblog). Fondamentale in questo senso è il contributo dato dalle novità tecnologiche, dai contesti economici, dai trend in atto, e dall’evoluzione del contesto sociologico che da anni spinge verso una cultura dell’uso anziché della proprietà a tutti i costi.

Il mercato italiano sarebbe ancora, tuttavia, privo di un sistema di norme specifiche capaci di inquadrare giuridicamente la figura del noleggio e delle società titolate a offrirlo professionalmente. Fin qui abbiamo descritto il contesto. Spostiamo adesso il focus del discorso sul pubblico e proviamo a indagare le motivazioni che hanno permesso alla rental economy di affermarsi negli ultimi anni.

 

Le ragioni del successo della rental economy

Già nel 2011 Mintel includeva tra le tendenze più influenti che stavano in quel momento modificando modelli di business e comportamenti dei consumatori, tutte quelle pratiche di consumo che prevedevano diverse forme di “Rental”. I consumatori avevano iniziato a valutare se valesse la pena correre il rischio di acquistare qualcosa – assumendosi tutte le responsabilità del caso, accettando eventuali attività di manutenzione e l’impegno di un investimento finanziario spesso considerevole – o se invece l’alternativa migliore non fosse invece l’affitto di quello stesso prodotto o servizio. 

In generale dietro alla scelta di noleggiare esistono ragioni diverse, determinate dal contesto e sociale ed economico, dal sistema di valori, dalle preoccupazioni e dalle preferenze dei differenti pubblici. Vediamo brevemente quali.

 

Il contesto economico-sociale: l’esigenza di una messa in prospettiva

Secondo Mintel un’accelerazione decisiva nell’adozione di modelli diversi da quelli dell’acquisto tradizionale fu impressa durante l’ultima recessione (2007-2013) quando l’obiettivo tradizionale della proprietà della casa cominciò a non essere più in cima alla lista delle priorità delle persone. In Gran Bretagna emergeva in quegli anni la cosiddetta “generazione che affitta”: nel 2011 gli studenti e i giovani professionisti facevano i conti con problemi abitativi quotidiani, tanto che l’86% di loro non progettava affatto l’acquisto di una casa, non potendo in primo luogo permettersela. Da allora nel Regno Unito la situazione sembra essersi radicalizzata: sì all’affitto, dunque, se si è soprattutto millennials, per periodi di tempo anche molto lunghi.

Il collegamento tra incertezza economica e difficoltà abitative è forse emblematica di quella correlazione tra effetti della sharing economy e austerity di cui parlava Trebor Scholz nel suo articolo Platform Cooperativism vs. the Sharing Economy. Nel 2014 Scholz era arrivato a due conclusioni: 

  • le onde d’urto della politica di restrizione dei consumi ed eliminazione degli sprechi (attuata a seguito della crisi economica e finanziaria del 2008) avevano investito profondamente l’economia della condivisione contribuendo a trasformarla nelle forme attuali;
  • la sharing economy doveva essere sottoposta a una più attenta riflessione prima di poter essere considerata, come era accaduto in un eccesso di entusiasmo, una via a un capitalismo ecologicamente sostenibile (fonte: Medium).

Se assumiamo un punto di vista più critico, esiste in effetti una richiesta sempre più pressante di messa in prospettiva della sharing economy (fonte: Putting the sharing economy into perspective, Koen Frenken, Juliet Schorb).

 

Le motivazioni culturali: il Rental come modello di business ecosostenibile

È stato spesso dato molto peso all’intenzione centrale che muoverebbe sia i consumatori sia marchi impegnati nel Rental: la volontà di agire in modo responsabile nei confronti del pianeta. Le piattaforme di car sharing hanno oggi in molti casi flotte di vetture ibride o elettriche e il noleggio dei vestiti ha riscosso un certo successo perché era percepito come un modo per arginare i danni ambientali causati dall’industria della moda e per restituire risorse alla collettività. 

Alla base esisterebbero dunque motivazioni ambientali: il noleggio favorirebbe l’utilizzo più efficiente di tutti i tipi di beni strumentali, determinando una diminuzione dell’uso delle risorse naturali e dell’inquinamento nella produzione di tali beni. Ciò consentirebbe ai consumatori di recuperare, anche solo parzialmente, il proprio investimento e aumentare la propria ricchezza, secondo un meccanismo tipico della rental circular economy. Inoltre, una economia della condivisione, e in misura diversa anche del noleggio, stimolerebbe la coesione sociale

 

Prodotti e servizi della rental economy – casi d’uso

Agli albori della sharing economy, brand e istituzioni che si trovavano a fare i conti con una serie di criticità legate al trasporto, soprattutto in un contesto urbano, inaugurarono soluzioni di noleggio e condivisione. Il servizio di bike-rental di New York City in poco tempo arrivò a contare 10.000 biciclette, mentre in Francia si verificò un vero e proprio boom del car sharing (fonte: Mintel).

Sebbene l’attuale mercato degli affitti sia ancora nelle sue fasi iniziali, lo slancio che il settore ha acquisito nell’ultimo anno è sufficiente a minacciare anche i più grandi rivenditori, costringendoli a riconsiderare i propri modelli di business. 

Tra i prodotti che i consumatori affittano, oltre alle auto e ad altri mezzi di locomozione (biciclette, motorini, monopattini, ecc.) troviamo gaming system, vestiti, strumenti e tecnologia, attrezzature e macchinari per l’industria 4.0

Le donne hanno maggiori probabilità di affittare mobili, vestiti e gioielli, mentre gli uomini sembrano più interessati a noleggiare attrezzature e console per i videogiochi. In ogni caso il noleggio delle merci viene effettuato prevalentemente in base alle necessità (fonte: World Economic Forum).

 

Luci e ombre del Rental nel comparto abbigliamento

Secondo GlobalData il Rental nel caso dell’abbigliamento arriverà a valere 2,3 miliardi di sterline entro il 2029. 

Il noleggio di vestiti, reso popolare da aziende come Rent the Runway e da personaggi pubblici come Gwyneth Paltrow e Ralph Lauren, fino a poco tempo fa veniva pensato sostanzialmente come alternativa sostenibile e frugale al fast fashion (industria che secondo un rapporto del World Economic Forum genererebbe il 5% delle emissioni globali). 

Tuttavia, anche se pubblicizzato come possibile soluzione alla crisi ambientale della moda, il noleggio di vestiti presenta diverse criticità ancora non del tutto chiarite. Sono in molti a chiedere una più precisa e articolata valutazione delle conseguenze di questi processi. Secondo Dana Thomas, autrice di Fashionopolis: The Price of Fast Fashion and the Future of Clothes: “Dovremmo pensare al noleggio come allo shopping di seconda mano”, come a “qualcosa che non facciamo ogni volta in sostituzione dell’acquisto o dello scambio di vestiti, ma più raramente, quando si presenta la necessità, come in occasione di cerimonie” (fonte: Renting clothes is ‘less green than throwing them away, The Guardian).

 

Rental e arredamento: l’esperimento IKEA

Nel 2019 Ikea iniziò a noleggiare mobili come parte di un più ampio tentativo di costruire un’attività rispettosa verso l’ambiente, testando il Rental all’interno delle sue iniziative ecologiche e di social responsibility

A partire dai mobili per ufficio come scrivanie e sedie per i clienti aziendali, IKEA previde l’affitto anche di intere cucine. Questa strategia che potremmo dire di leasing rientra in uno sforzo organico di promozione di servizi capaci di prolungare la vita di un prodotto, in un’ottica di progetto e vendita di beni che possono essere riparati, riutilizzati, riciclati o rivenduti. Un innovativo “modello circolare”, secondo le parole di Torbjorn Lööf, amministratore delegato di Inter Ikea (fonte: Kitchen for rent? Ikea to trial leasing of furniture, The Guardian).

 

Digitalizzazione e Rental: gli strumenti per costruire una relazione di valore

Se abbiamo fin qui usato più volte il termine “piattaforma digitale” – intesa nel senso di infrastruttura hardware o software per la distribuzione, il management e la creazione di contenuti e servizi digitali – non è stata una casualità: la sharing economy, e dunque la rental economy, si è sostanzialmente affermata, acquisendo via via un fisionomia sempre più precisa, proprio attraverso l’impiego delle nuove tecnologie

E se grazie alla proliferazione di app sui nostri smartphone, ottenere (oppure offrire) ciò che vogliamo, per brevi periodi, non è mai stato così semplice, è bene ricordare che l’economia della condivisione, l’economia del dono e l’economia del noleggio che oggi trovano la loro manifestazione tecnicamente più avanzata in numerosi programmi e applicazioni, si sono solo trasformate nel corso del tempo ma hanno in realtà origini antichissime.

 

Il punto di svolta: l’utilizzo sistematico e strategico della tecnologia digitale

Il punto di svolta nella recente storia della sharing economy – nell’ambito della quale, abbiamo detto, la rental economy si sviluppa – avviene con l’adozione di massa delle nuove tecnologie che di fatto permette all’economia del noleggio una ulteriore importante espansione. 

La digitalizzazione rende più semplice ed economica un’ampia gamma di transazioni. Lo sperimentiamo quotidianamente con le piattaforme di noleggio, prestito e condivisione, che ci permettono di avere una panoramica chiara e sintetica, in tempo reale, della disponibilità delle varie merci, e di effettuare in modo semplice e immediato prenotazioni e pagamenti. Possiamo così accedere a un vasto assortimento di prodotti e servizi, senza dover acquistare nulla o essere vincolati da contratti a lungo termine.

Un esempio su tutti, più volte citato, è quello di Airbnb, che nel settore degli affitti sfrutta la possibilità di una connettività semplice, veloce e teoricamente priva di attriti: i viaggiatori possono affittare una proprietà o una stanza ovunque e in qualsiasi momento con pochi clic.

 

Il rischio di spersonalizzazione del rapporto brand-cliente

Può accadere ancora oggi che alcuni player dei servizi di noleggio, per maturare un vantaggio competitivo, tendano a concentrarsi in misura prevalente sulla leva del prezzo. Ma puntare quasi esclusivamente sulla convenienza, offrendo accesso illimitato o tariffe orarie, può far cadere nella tentazione di delegare completamente le funzioni del Rental agli strumenti digitali. Il rischio qui è di perdere di vista quello che invece dovrebbe essere il principale obiettivo di qualsiasi brand: costruire una relazione di valore con i clienti.

Essere flessibili – che sì è uno dei fattori chiave per riuscire a distinguersi – non deve riferirsi esclusivamente a un utilizzo disinvolto e per certi versi deresponsabilizzante dei nuovi strumenti. Non può essere l’unica qualità su cui il noleggio deve investire. Se la digitalizzazione rappresenta una straordinaria opportunità di sviluppo per l’intero settore, la rivoluzione che è seguita alla digitalizzazione ha a che fare solo in parte con la tecnologia. 

 

La digitalizzazione per abilitare un dialogo continuo con il cliente

Nel Rental le esigenze di personalizzazione non possono in alcun modo essere trascurate: l’utente-consumatore “deve essere identificato con molta attenzione, perché il noleggio si nutre di un dialogo costante con i diversi soggetti che presidiano il valore in tutta la filiera e che orientano le scelte di acquisto dei servizi mettendo d’accordo tutte le componenti aziendali, lato cliente” (fonte: Rentalblog). 

La digitalizzazione abilita un dialogo continuo con il cliente e nel Rental questo aspetto è particolarmente marcato e significativo: nei suoi processi, in ogni fase, risulta infatti evidente come il cliente sia di fatto il protagonista in gioco. È il cliente che valida o meno la soluzione digitale adottata, usandola – con soddisfazione o difficoltà – per noleggiare prodotti o servizi. Ed è sempre il cliente che attraverso recensioni e raccomandazioni personalizzate ha il potere di influire, anche in misura notevole, sulle attività del brand.

L’innovazione tecnologica, che ha cambiato irreversibilmente le carte in gioco, ha riportato le persone al centro dell’attenzione delle organizzazioni, imponendo maggiore investimento e considerazione lato CX. Gli utenti-consumatori sono diventati sempre più consapevoli e capaci di un utilizzo critico delle soluzioni tecnologiche a disposizione. In questa loro evoluzione, hanno spostato decisamente gli equilibri del rapporto uomo-macchina verso l’elemento umano.