In questo articolo, affronteremo i principali trend di marketing nel settore lusso derivati dalla situazione attuale. Negli ultimi mesi il nostro Paese, così come è accaduto per il resto del mondo, si è trovato a fronteggiare circostanze eccezionali. La pandemia ha costretto le persone a rivedere in profondità aspetti fondamentali della loro realtà quotidiana.Tra questi aspetti anche quelli relativi alle abitudini di acquisto. La prima ondata di COVID-19 ha imposto alla maggior parte delle industrie una serie di trasformazioni che non solo hanno impattato drammaticamente sul sistema di produzione, distribuzione e comunicazione ma che hanno anche ridefinito i valori costitutivi dei marchi. Oggi assistiamo a una recrudescenza del virus che sta mettendo a repentaglio una ripresa appena iniziata e ancora fragile. La seconda ondata dovrà essere velocemente integrata e armonizzata dentro le narrazioni istituzionali perché queste riescano ad essere coerenti e funzionali al business.

Qual è il contesto in cui si trovano attualmente ad operare le aziende del settore del lusso? Come sta reagendo il marketing dei luxury brand per riuscire a instaurare e mantenere una relazione con i consumatori? Quali tendenze stanno contribuendo a ricostruire la “nuova normalità”, continuamente minacciata dal riaccendersi dell’epidemia?

 

Il settore del lusso durante la seconda ondata

Anche le aziende del lusso hanno risentito – e stanno risentendo ancora adesso – dei lockdown e delle limitazioni agli spostamenti, dei rallentamenti e delle interruzioni forzate agli impianti industriali.

Intervistato dal Sole24ore a maggio di quest’anno Matteo Lunelli, presidente di Altagamma, faceva un primo punto della situazione: “La pandemia ha colpito da subito l’industria di alta gamma a livello mondiale e porterà a un calo di fatturato del 20% nel 2020″.

Il 2019 si era concluso con un trimestre positivo e anche l’inizio del 2020 si era dimostrato “molto promettente”. Poi la pandemia e i conseguenti lockdown nazionali con le limitazioni del traffico aereo avevano arrestato bruscamente l’andamento dell’intera industria dei beni personali di lusso. Tanto che le previsioni sulla ripartenza del comparto, che all’inizio dell’estate facevano sperare in una crescita del 2-3% (per il quinquennio 2020- 2025), dovranno probabilmente essere riviste al ribasso.

Nadia Portioli, analista del centro studi Mediobanca, aggiorna il ritratto del settore fashion & luxury, spiegando come la moda sia in effetti stata significativamente penalizzata dalla diffusione del virus, con un calo medio del 7% del fatturato delle multinazionali nel primo semestre 2020 e, nello stesso periodo di tempo, una perdita dei ricavi per le aziende italiane del 28%. Nel secondo trimestre la crisi si è aggravata in modo considerevole facendo registrare un -41% nei ricavi del settore, quasi triplicando il risultato, già decisamente negativo, del primo trimestre: -15% (ilsole24ore.com).

Anche se il made in Italy, indiscusso simbolo del lusso nel mondo, sta dunque patendo l’onda lunga della crisi legata alla pandemia, si tratta di comparti (moda, accessori, fragranze, automobili, turismo, solo per citarne alcuni) che da decenni trainano l’economia italiana e che grazie all’investimento nel digitale di questi ultimi anni sembrano maggiormente attrezzati per reagire con forza e creatività alla congiuntura economica sfavorevole.

 

Trend di marketing nel settore lusso della “nuova” normalità 

È del 26 ottobre 2020 un importante update di McKinsey che conferma come nei 13 Paesi presi in considerazione (tra cui l’Italia) il sentiment e il comportamento dei consumatori continuino di fatto a riflettere l’incertezza provocata dalla pandemia, attraverso: una scelta di valore sempre più accordata all’essenziale; la loyalty verso il brand messa a dura prova; la preferenza per prodotti e servizi locali e nazionali; l’urgenza del passaggio al digitale; la rinuncia ai viaggi per le vacanze.

 Anche in Transforming The Luxury Industry For The New Normal, recente articolo pubblicato su «Forbes», Christophe Caïs (fondatore e CEO di Customer Experience Group, agenzia di customer experience per marchi premium e di lusso) individua, con la premessa che esiste una variazione significativa del sentiment e dei comportamenti nei diversi paesi, alcune tendenze che sembrano attraversare la “nuova” normalità del consumo e che riguardano tre aspetti fondamentali:

  1. il comportamento dei consumatori del lusso;
  2. la social responsibility dei brand del lusso;
  3. l’approccio al digitale dei brand del lusso.

Proviamo adesso a contestualizzare, calando i trend del “new normal” nella realtà contemporanea e quindi nei trend di marketing nel settore lusso.

 

I cambiamenti nel comportamento dei consumatori del lusso

Le tendenze di acquisto sono cambiate e ne stanno emergendo di nuove. I trend di marketing nel settore lusso anche. Per rimanere rilevanti, i marchi devono imparare a distinguere le tendenze strutturali di lunga durata da quelle effimere e trasformare il loro business per adattarsi alla nuova normalità, intervenendo prima di tutto sul modo in cui si rapportano con i loro consumatori.

 

Il caso cinese: shopping di viaggio e fruizione digitale

Secondo il report diffuso a maggio di quest’anno da Bain and Company e Fondazione Altagamma, la Cina continuerà a giocare un ruolo di assoluto primo piano per quanto riguarda i luxury goods, arrivando a coprire entro il 2025 quasi il 50% del mercato globale del lusso valutato 320-330 miliardi di euro (fonte: Bain & Company Luxury Study 2020 Spring Update).

La diffusione del COVID-19 ha inevitabilmente ridimensionato lo shopping di viaggio (in particolare lo shopping duty-free) particolarmente diffuso tra i turisti cinesi abituati a comprare a Hong Kong e in varie città europee, specialmente durante le vacanze. Per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno basti pensare che nel 2019 circa il 35% del mercato globale del lusso era costituito dal consumo cinese mentre solo l’11% degli acquisti veniva stato effettuato dai cittadini cinesi entro i confini nazionali. Secondo le ultime previsioni quest’ultima percentuale sarà però destinata a salire in modo costante, per assestarsi tra il 26% e il 28% entro il 2025.

Il rallentamento dello shopping di viaggio cinese sembra in realtà precedere la pandemia. Dal 2018 comprare borse, vestiti e gioielli di fascia alta in Cina è diventato più conveniente, grazie alla riduzione dell’imposta sul valore aggiunto (dal 17% al 13%). In quello stesso periodo è inoltre iniziata una sistematica repressione della pratica del daigou, in base alla quale agenti o turisti acquistano beni di lusso all’estero per rivenderli in Cina. Ulteriori cambiamenti introdotti all’inizio del 2019 hanno reso più economico comprare direttamente sulle piattaforme di e-commerce piuttosto che ricorrere a intermediari. Infine, anche l’indebolimento dello yuan cinese e la delicata situazione di ordine pubblico in Hong Kong avevano già contribuito ad aumentare la spesa interna (it.cifnews.com).

Anche se negli ultimi anni i marchi di lusso hanno provveduto a costruire una presenza online sul mercato cinese, la pandemia li ha costretti ad avventurarsi oltre le loro zone di comfort e i risultati non sono stati esaltanti: secondo Veronica Wang, partner della società di consulenza OC&C, i brand che durante la prima ondata hanno iniziato a distribuire i loro contenuti sui canali digitali non sono riusciti a stabilire un’interazione con i consumatori che fosse all’altezza delle aspettative commerciali, per due motivi. Perché il mercato si stava appena riprendendo e perché la preparazione, a monte, non era stata adeguata.

Perfino nel caso di un brand come Louis Vuitton, il tentativo di trasmettere in streaming a marzo sulla piattaforma di social commerce Little Red Book si è rivelato insufficiente. Questo perché, come spiega Chris Gao, analista della banca di investimenti China Renaissance: “il live streaming per i marchi di lusso è una cosa diversa rispetto a quello che vediamo di solito su «Taobao Live» (il canale di live streaming ed e-commerce di proprietà di Alibaba). È ricco di contenuti che meglio si prestano per il lancio di nuovi prodotti, ma si concentra molto meno sulle vendite” (spglobal.com).

Tra i trend di marketing nel settore lusso troviamo metodi come il live streaming che potrebbero non convertire immediatamente in transazioni, ma contribuiscono ad aumentare la brand awareness dei gruppi del lusso. Per questo sembrano destinati a diventare sempre più centrali all’interno delle strategie di marketing, non soltanto in riferimento alla platea cinese, che già oggi è digitalmente matura, ma a livello globale. La scelta finale di acquisto viene infatti ormai effettuata alla fine di un processo decisionale che comincia ben prima che la persona vada in negozio e si sviluppa attraverso la frequentazione di una pluralità di touchpoint, la maggior parte dei quali digitali ed on line.

 

Gen Z e Millennial: ricerca di valore, responsabilità e autenticità

Gen Z e Millennial stanno dando forma al futuro dello shopping e nel farlo rivoluzionano le aspettative delle aziendeed i trend di marketing nel settore lusso (mckinzey.com). I brand del lusso, così come accade per le organizzazioni nella maggior parte dei settori, devono reinventarsi continuamente per poter intercettare le abitudini di consumo che la pandemia impone. Ma quest’opera incessante di aggiustamento progressivo non può essere semplicemente considerata una risposta contingente alla crisi, sta sempre più diventando parte del corredo genetico dei luxury brand.

Per riuscire ad ampliare il proprio target, raggiungendo anche i consumatori più giovani i brand devono muoversi in tre direzioni:

  • riprogettare le loro azioni di comunicazione e di marketing con un deciso approccio customer-centric;
  • adottare modalità sempre più avanzate di e-commerce;
  • sfruttare a pieno le potenzialità delle piattaforme digitali.

Le logiche che oggi sempre di più informano i comportamenti di acquisto, valide anche e soprattutto nel caso dei beni e servizi di lusso, sono improntate a una ricerca di valore, di autenticità e di responsabilità individuale e collettiva. Queste stesse logiche sono condivise sia dai Millennial sia dalla Gen Z. Quello che cambia è l’intensità, il grado di aderenza a una affermazione che potremmo dire identitaria e la direzione della proiezione del valore comunicato.

Intensità. La tendenza ad affrontare in modo critico, aperto e consapevole la relazione con il brand è sicuramente iniziata con i Millennial, che sono stati i primi a partecipare a un mondo digitalizzato e interconnesso. Oggi la Gen Z sta vivendo la stessa esperienza, ma in modo accelerato, cioè in una forma eccezionalmente intensa e in tempi decisamente brevi.

Identità. Una scelta di acquisto è oggi più che in passato una scelta multidimensionale. Il punto su cui Millennial e Gen Z divergono sta nel grado di appartenenza a una particolare dimensione, e nella (momentanea) messa tra parentesi delle altre. Detto altrimenti, la Gen Z più dei Millennial sembra voler basare la decisione puramente sui valori, trascurando o minimizzando fattori da sempre considerati dirimenti, come per esempio il prezzo. L’accento si sposta sulla capacità del singolo individuo di interpretare il contenuto valoriale del brand per farlo corrispondere e renderlo personale. Il marketing deve riuscire a capitalizzare questa affermazione del sé, facendo ricorso a strumenti più interattivi e inclusivi.

Direzione. La Gen Z, molto più dei Millennial appare davvero alla ricerca di oggetti unici, distintivi e notiziabili ed è in grado di operare un cambio di direzione e di mentalità, procedendo dall’esclusività tipica del lusso all’unicità, percepita più che mostrata. I messaggi incorporati nell’oggetto o nel servizio, dopo essere stati ri-significati nell’acquisto e nell’uso, sono proiettati fuori, attraverso referral, microblogging, social posting. Nel momento in cui vengono immessi nell’ecosistema mediatico dei social network portano impressi indelebili i segni del consumatore.

 

Cosa si aspettano i consumatori di beni di lusso dalla social responsibility delle aziende

La Gen Z pretende che un nuovo livello di responsabilità aziendale faccia parte integrante della mission del brand. Questa pretesa è tuttavia comune anche ad altre categorie dei consumatori del lusso ed è uno dei più importanti trend di marketing nel settore lusso.

Secondo quanto afferma PR Newswire, che riporta i risultati di un sondaggio condotto nel 2019,  la priorità sembra essersi decisamente spostata sulle cause ambientali e incentrate sull’uomo. La maggior parte dei consumatori intervistati ha dichiarato che gli attributi diventati indispensabili per il buon operare di un’azienda sono l’impegno verso pratiche commerciali rispettose dell’ambiente (71%), la responsabilità sociale (68%) e la restituzione alla comunità locale (68%), mentre meno della metà del campione (44%) considera fondamentale il prezzo.

In generale i clienti sono più consapevoli dell’impatto che le loro decisioni di acquisto hanno sull’ambiente e sulla comunità e si fidano di realtà economiche in grado di garantire il rispetto di queste convinzioni.

Sulla responsabilità sociale delle imprese nei momenti di crisi abbiamo scritto qui. La riflessione contenuta in quell’articolo appare valida anche rispetto alla situazione di sofferenza economica creata dalla diffusione del COVID-19. I brand del lusso sono chiamati ad “esserci per essere rilevanti” e per riuscire in questo intento devono dotarsi  di una buona strategia di Corporate Social Responsibility che preveda azioni innanzitutto percepite come essenziali (la protezione dell’ambiente, la sostenibilità del lavoro, la riduzione dei rifiuti). Se le azioni sono capaci di suscitare una reazione da parte della comunità in cui si è inseriti, la reputazione ne risente immediatamente in senso positivo.

La responsabilità sociale nasce come visione strategica che coinvolge tutta l’impresa e a cascata si riflette, lungo tutto il customer journey, sulla relazione con il cliente. Per questo, per rassicurare un consumatore sempre più attento e consapevole, nelle situazioni di crisi il primo passo deve essere definire e comunicare in modo chiaro le “priorità valoriali” dell’azienda a cui dare seguito intervenendo in modo coerente ed efficace.

 

L’accelerazione nella digitalizzazione dell’industria del lusso

La nuova normalità ha aumentato il ritmo, già sostenuto, della digitalizzazione nell’industria del lusso: si è velocizzata la migrazione verso piattaforme omnicanale e di social media, come WeChat e Instagram, l’impiego di app di teleconferenza è divenuto di uso comune, e un eccezionale impulso lo ha infine ricevuto l’organizzazione di sessioni di acquisto virtuali progettate per replicare la tradizionale esperienza in negozio. In tutti questi casi si è tentato di creare una relazione con i clienti personale e totalizzante imparando a usare al pieno delle loro capacità strumenti che erano già disponibili.

In conseguenza dei nuovi lockdown disposti dai diversi governi, l’e-shopping digitale continuerà a giocare un ruolo preponderante in tutti i paesi e per tutte le categorie merceologiche del comparto. Possiamo anche prevedere che la frequentazione di touchpoint digitali si intensificherà durante le festività natalizie.

Come abbiamo argomentato altrove parlando di digital luxury experience, i clienti del lusso sono stati tra  i primi ad abbracciare con entusiasmo lo stile di vita digitale tanto che quasi l’80% delle vendite sarebbe oggi influenzato digitalmente. Il fatto che il lusso digitale si configuri sempre più come economia C2C, con il consumatore stabilmente al centro del percorso di acquisto, ha probabilmente rappresentato una risorsa in grado di assicurare ai brand quella resilienza che è mancata invece in altri comparti. In un momento di oggettiva difficoltà il consumatore del lusso contribuisce attivamente a ridefinire i contenuti veicolati dal brand, fornisce indicazioni e giudizi, alimenta la narrazione e mantiene vitale il rapporto, personale e pubblico, con il marchio.

 

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