Il Design Thinking (che in italiano possiamo tradurre come “pensiero progettuale”) trasforma il modo in cui le organizzazioni sviluppano prodotti, servizi e processi. È un approccio all’innovazione incentrato sulle persone, e sulle qualità che rendono ciascuna persona unica nella sua irripetibile umanità.

Il Design Thinking mutua le sue procedure cognitive, strategiche e pratiche da quelle utilizzate con successo nell’ambito del design e della progettazione.

Il Design Thinking si focalizza sulla comprensione delle esigenze del cliente per generare idee creative e poi procede attraverso passaggi di prototipazione rapida. Utilizzando il Design Thinking, è possibile basare le proprie decisioni su ciò che i clienti vogliono veramente, invece che lasciarsi guidare esclusivamente dall’istinto o fare affidamento solo su dati storici.

Sempre più marketer stanno incorporando il Design thinking nei processi di creazione delle loro iniziative e nei flussi di progettazione delle esperienze. Questo perché il pensiero progettuale incoraggia a essere più empatici nell’approccio alla comunicazione, ad assumere il punto di vista dei consumatori per comprenderne le esigenze, i desideri e gli eventuali problemi, concretizzando la conoscenza maturata in pratiche comunicative maggiormente sintonizzate con il sentire di ciascuno di loro.

 

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Alle origini del Design Thinking: dagli studi psicologici alle applicazioni in ambito aziendale

I concetti base del Design Thinking si formano negli anni Quaranta del Novecento, nell’ambito degli studi psicologici sulla creatività. L’espressione “Design Thinking” viene utilizzata fin dagli anni Cinquanta per riferirsi a uno stile cognitivo specifico (pensare come un designer), a una teoria generale del design (un modo di comprendere come lavorano i designer) e a un insieme di risorse formative (contenuti educativi a disposizione di organizzazioni o designer per imparare ad affrontare problemi complessi in modo progettuale). 

Negli anni Sessanta cresce l’interesse per i metodi sistematici e intuitivi che le discipline di design industriale, ingegneria e architettura utilizzano nelle loro attività di progettazione. I “sistemi morbidi” che Don Koberg e Jim Bagnall elaborano per affrontare i problemi della vita di tutti i giorni rappresentano uno dei primi risultati di questa riflessione. Individuando i modelli ricorrenti alla base delle attività umane, questi sistemi di apprendimento ciclico consentono di esplorare il mondo reale in tutta la sua complessità, di interpretare le percezioni dei diversi attori coinvolti e di decidere, sulla base di queste considerazioni preliminari, quali azioni mettere in atto.

Nel loro Dilemmas in a General Theory of Planning (1973) Horst Rittel e Melvin Webber dimostrano come i problemi di progettazione e pianificazione siano di fattowicked problems”, problemi particolarmente complicati e di difficile soluzione, molto diversi dai problemi addomesticati (“tame”) che vengono trattati dalle singole discipline scientifiche. Al Design Thinking, che usa metodi propri, diversi da quelli con cui tradizionalmente scienza e accademia pensano e comunicano, viene riconosciuto uno status differente ma pari dignità, identificando negli ostacoli quotidiani il suo specifico campo di applicazione.

Negli anni Ottanta una concezione di design incentrato sulla persona (human-centered design) si afferma in concomitanza a un’idea di gestione aziendale che sfrutta i processi artistici e intuitivi tipici del pensiero progettuale per perseguire obiettivi di business.

Nel ventunesimo secolo il Design Thinking acquista popolarità e trova sempre maggiore spazio nella stampa specializzata. Temi quali la creazione di luoghi di lavoro imperniati sul design, l’adattamento dell’approccio progettuale ai servizi o lo sviluppo di innovation strategy sono approfonditi sia da ricerche di settore sia da corsi dedicati organizzati dalle scuole di management sia dalle imprese stesse. Nelle università, il Design Thinking viene assunto come modalità privilegiata per produrre le condizioni che possono più probabilmente consentire lo sviluppo dell’innovazione tecnica e sociale.

Design Thinking: l’indagine in continua espansione di IDEO

“Il pensiero progettuale non si limita a un processo. È un’indagine in continua espansione”. A dirlo è Sandy Speicher, CEO di IDEO, l’azienda che quarant’anni fa ha creato il mouse di Apple e da allora detta le linee guida del pensiero progettuale che ancora oggi sono seguite dalle organizzazioni di tutto il mondo. 

IDEO è stata probabilmente la prima società di progettazione e consulenza ad aver messo in pratica il concetto di “human-centered design”. Nel tentativo di trovare idee efficaci e risolutive IDEO integra in un’unica strategia l’indagine sui desideri delle persone, l’investimento sulle opportunità create dalla tecnologia e l’attenzione verso le esigenze di business. Il suo obiettivo dichiarato è lo sviluppo della capacità di anticipare e rendere tangibile il futuro, producendo allo stesso tempo un impatto positivo sui sistemi culturali, ambientali, etici e sociali. 

Il pensiero progettuale secondo IDEO integra in una stessa strategia ciò che è desiderabile da un punto di vista umano, ciò che è tecnologicamente praticabile e ciò che è economicamente fattibile. 

  1. Desiderability (desiderabilità): cos’è che importa davvero alle persone?
  2. Feasibility (praticabilità): cosa è tecnicamente possibile realizzare?
  3. Viability (fattibilità): cosa può diventare parte di un modello di business sostenibile?

 

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Le fasi principali del processo del Design Thinking

Il processo di innovazione reso possibile dal Design Thinking si articola in diverse fasi e include attività come analisi del contesto e della domanda, ricerca e definizione dei problemi, ideazione e generazione di soluzioni, prototipazione, user testing. Proviamo ad approfondire.

Anche se per praticità tendiamo a descrivere le fasi del Design Thinking come successive, il processo raramente è lineare; al contrario, i diversi passaggi si sviluppano con un andamento irregolare e iterativo.

  • Inquadramento del problema. In questa fase tutta l’attenzione è concentrata sulle persone per le quali deve essere progettata la soluzione. Si cerca di individuare la domanda specifica a cui è necessario rispondere per dare alle persone quello di cui hanno bisogno. Piuttosto che accettare un problema come già dato, i progettisti ne esplorano il contesto, tentano di reinterpretarlo, ristrutturarlo, inquadrarlo secondo altre angolazioni.
  • Ricerca dell’ispirazione. I suggerimenti sul percorso da seguire per trovare soluzioni efficaci e magari inaspettate si trovano là fuori, nel mondo esterno. Ispirazioni che possono essere colte osservando i clienti mentre vivono, acquistano, consumano.
  • Generazione di idee. In questa fase l’ispirazione deve essere impiegata concretamente per formulare delle idee di prodotto o di servizio o di esperienza. Il tentativo qui è di superare l’ovvio, il già visto, ciò che magari abbiamo sempre dato per scontato e che se osservato da altri punti di vista può offrire una modalità innovativa di risoluzione di problemi complessi .
  • Realizzazione delle idee. È il momento di costruire prototipi “grezzi” e indefinitamente perfettibili – mai versioni definitive. 
  • Test del prototipo. Mettere alla prova il prototipo, raccogliere feedback, ripetere. Questa fase è indispensabile per osservare “sul campo” che cosa di una idea funziona e che cosa no.
  • Racconto dell’esperienza che ha portato all’innovazione. Una volta arrivati alla soluzione che consente di rispondere alla domanda iniziale, è necessario creare e condividere una storia per presentarla a colleghi, clienti e stakeholder (meglio: più storie, ciascuna ritagliata sullo specifico pubblico di destinazione).

Alcuni di questi passaggi sono destinati a ripetersi e può accadere di dover procedere a balzi, avanti e indietro, innumerevoli volte.

Le caratteristiche costitutive del Design Thinking

Il Design Thinking è molto di più della concatenazione di step e procedure; è una vera e propria forma mentis, un’alternativa alla razionalità tecnicistica, che integra risorse creative e pensiero laterale in una struttura di evidenze sperimentali. Grazie a questa sua proprietà intrinseca può essere impiegato proficuamente a supporto della attività di marketing.

  • Il Design Thinking risolve i cosiddetti “wicked problems”: problemi che sono terribilmente difficili perché si presentano in una forma ambigua e non definitiva e non possono essere risolti con la classica alternativa vero-falso o applicando regole o conoscenze tecniche.
  • Un approccio Design Thinking privilegia ragionamenti abduttivi e produttivi. Nella creazione di nuove proposte il pensiero progettuale promuove modalità di pensiero non deduttive, come le analogie, sfruttando le informazioni disponibili e l’esperienza personale. 
  • I designer del pensiero progettuale comunicano utilizzando mezzi di modellazione grafica o spaziale non verbali. Il Design Thinking impiega linguaggi visivi e materiali (schizzi e disegni, modelli realizzati con software di grafica e prototipi fisici) per tradurre elementi astratti in oggetti concreti ed esplorare soluzioni provvisorie attraverso la loro rappresentazione. 
  • Nel Design Thinking problema e soluzione coevolvono. Durante il processo di Design Thinking, l’attenzione dei progettisti oscilla tipicamente tra la comprensione del contesto problematico e le idee elaborate per la sua soluzione, in un flusso in cui problema e soluzione evolvono insieme. Questo perché versioni successive di una stessa soluzione possono condurre a una comprensione più profonda o alternativa del problema, che a sua volta può innescare altre e più dirimenti idee di soluzione, in un’ottica di continuous innovation.

Perché il Design Thinking è prezioso per migliorare la marketing strategy

Viviamo e lavoriamo in un mondo di sistemi interconnessi, dove molti dei problemi che affrontiamo sono dinamici, sfaccettati e intrinsecamente umani. Il Design Thinking riesce a intervenire su questi problemi con una efficacia maggiore rispetto ad altre metodologie.

In questo articolo abbiamo cercato di evidenziare come il Design Thinking non sia soltanto uno strumento di cui possiamo disporre per risolvere problemi difficili e complicati o un processo che si articola nella successione, per quanto irregolare, di una serie di momenti. Il Design Thinking è, piuttosto, una mentalità, che le aziende devono fare propria se vogliono sfruttare pienamente i vantaggi del pensiero progettuale.

Il Design Thinking prende avvio da un’attività di ascolto dei potenziali utenti, permette di scoprire quali sono i loro bisogni, per lo più inespressi, e di usare le informazioni ottenute per generare idee di prodotti e servizi che possano essere percepiti come utili e rilevanti. Garantendo che queste informazioni (insieme a quelle sugli eventuali competitor) siano inserite nel processo di innovazione fin dall’inizio, il Design Thinking offre ai marketer l’opportunità di partecipare attivamente allo sviluppo del prodotto: gli input provenienti dai consumatori e dal mercato contribuiscono a realizzare, versione dopo versione, il minimum viable product (“prodotto minimo funzionante”), dove lo standard per il “minimo funzionante” viene deciso dal cliente, che ne farà diretta esperienza. 

 

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I marketer possono associare i dati quantitativi raccolti da touchpoint e ricerche di mercato ai dati qualitativi ottenuti grazie al Design Thinking. Questo mix di informazioni qualitative e quantitative consente alle aziende di entrare in empatia con il loro target e di capire non solo quanto i clienti sono disposti a pagare, ma soprattutto perché. 

Il bagaglio di conoscenza che deriva dal processo di progettazione, relativo sia a preferenze, modelli e abitudini di consumo, sia alla dimensione emotiva dell’audience di riferimento, si rivela prezioso anche nella comunicazione brand-consumatore. Il Design Thinking mette infatti marketer e content creator nelle condizioni di attingere ad aspetti di esperienza che sono tipicamente umani. I contenuti così costruiti risultano molto più potenti rispetto a quelli che si limitano a riportare le caratteristiche tecniche e le funzionalità del prodotto o che si esauriscono nella spiegazione di benefici tipicamente commerciali come per esempio il costo più basso. In questo senso possiamo affermare che lo storytelling è una delle componenti chiave del Design Thinking

Il Design Thinking per costruire migliori esperienze cliente

Il Design Thinking, coinvolgendo i marketer fin dall’inizio nello sviluppo del prodotto e rendendo la comunicazione dei brand più empatica, può giocare un ruolo importante nel costruire customer experience più coinvolgenti. In particolare:

  1. se svolto correttamente il Design Thinking approfondisce la comprensione delle esigenze dei clienti da parte dell’azienda e rivela i fattori chiave delle loro scelte, in un modo che altre tecniche quantitative non riescono a fare;
  2. il Design Thinking collega coloro che progettano i prodotti direttamente con il cliente, li mette in grado di ascoltare, se non sperimentare in prima persona, quello che il cliente ha sperimentato usando il prodotto o usufruendo di un determinato servizio. I progettisti possono quindi integrare rapidamente ciò che apprendono e realizzare prodotti che una volta immessi sul mercato avranno maggiori probabilità di successo.

I team di progettazione, sviluppo prodotto e marketing diventano parte attiva del processo di sviluppo dell’innovazione: ascoltano e osservano i clienti per conoscerli a fondo, con l’obiettivo di creare migliori prodotti, servizi ed esperienze. In questo modo il Design Thinking potenzia la ricerca sui desideri, i bisogni, le preferenze e le criticità dei consumatori e supporta il marketing nella costruzione di una customer experience più significativa.