Come migliorare la employee experience?

Il BtoE (Business to Employee) è un tipo di approccio che punta il focus dell’attenzione sui dipendenti. Tutto parte dai reparti di HR, con le fondamentali fasi del recruiting e dell’on-boarding: per poi puntare al massimo miglioramento della cosiddetta “Employee Experience”, la qualità dell’esperienza lavorativa di ogni singolo impiegato. Un fattore sempre più decisivo.

L’obiettivo finale è la retention aziendale, l’incremento della loyalty e la diminuzione del turn-over, da un lato; dall’altro, l’incremento della capacità di attrarre nuovi talenti e i due aspetti sono intimamente legati, in un circolo virtuoso su cui più avanti ci soffermeremo.

Ma partiamo da una semplice domanda: quanto è importante quella che viene definita “Employee Experience”? La risposta è ancora più semplice e perentoria: è fondamentale. Oggi più che mai. In un mercato sempre più dinamico e fluido, infatti, la mobilità della forza lavoro è sempre più accelerata, e bisogna fare qualcosa per ridurne gli effetti nefasti.

Attrarre nuove risorse (e, ancor più, nuovi talenti), formarli al loro nuovo ruolo, introdurli nell’ambiente e nel gruppo di lavoro è un processo non sempre facile, lungo e costoso. Per questo il primo vero obiettivo, per le company di qualsiasi settore, dev’essere quello di migliorare la propria capacità attrattiva nei confronti di chi è già inserito nel proprio organico; per aumentarne engagement, fidelizzazione e – come ultimo obiettivo – l’advocacy.

In questo modo il lavoratore si trasforma nel primo ambasciatore positivo della reputation del proprio brand, nel primo agente di marketing, ma anche – in un certo senso – nel primo recruiter. Detta in parole ancora più semplici: un’azienda in grado di trattenere i propri dipendenti, e i propri migliori talenti, è anche un’azienda che – quasi in automatico – saprà attrarne di nuovi.

Tutto questo può avvenire, in primis, grazie alla qualità della Employee Experience, alla capacità di mettere l’impiegato al centro, all’attenzione nel creare un ambiente gradevole, coinvolgente e all’avanguardia (anche – e soprattutto – a livello tecnologico). Eccovi un dato su tutti, molto significativo a riguardo: secondo uno studio di Fidelity, i lavoratori statunitensi più giovani sono disposti a percepire fino a 7600$ all’anno in meno, in cambio di una migliore qualità della vita lavorativa.

La qualità dell’esperienza sul posto di lavoro, dunque, è in cima ai fattori che fanno propendere una persona (soprattutto i più giovani) verso il mantenimento del proprio ruolo in una company o – al contrario – di guardarsi in giro e cambiare. Ecco perché è fondamentale fare in modo che questa esperienza sia il più possibile su misura dei singoli e, insieme, funzionale agli obiettivi e alle strategie dell’azienda. Di nuovo, in questo modo, viene a crearsi un circolo virtuoso, un’ottica win-win con pochi eguali.

Per raggiungere questi risultati vi proponiamo, di seguito, 5 best practice valide per qualsiasi comparto industriale, fornendovi anche dei dati molto concreti a supporto.

 

1. Tutto parte dalla fasi di on-boarding

Migliorare l’Employee Experience, abbiamo visto sopra, è diventato quanto mai fondamentale. Per farlo il cammino passa dal miglioramento dell’engagement dei dipendenti e giunge fino all’advocacy (su questi due step torniamo nei punti successivi).

Una cosa che spesso si dimentica, però, è che tutto parte dalle delicate e decisive fasi dell’assunzione e dell’inserimento del nuovo impiegato all’interno del team e delle dinamiche dell’azienda (il cosiddetto “on-boarding”). A tal proposito, prendete in considerazione questo dato, emerso da una ricerca condotta da SilkRoad: ben il 53% dei professionisti dell’HR sostiene che l’engagement aziendale aumenta significativamente quando si presta maggiore attenzione alle fasi di on-boarding.

Attenzione, però: l’on-boarding non è un processo che dura un giorno, e nemmeno una sola settimana. Le strategie più all’avanguardia consigliano un percorso di novanta giorni.

  • Durante il primo mese è bene concentrarsi sull’inserimento del nuovo impiegato nel team e sull’apprendimento dei compiti di base.
  • Durante il secondo mese si sviluppa la fase della collaborazione: l’indipendenza del neo-assunto non è piena, ma si fa sempre più concreta, in un dialogo alla pari con colleghi e datori di lavoro. Bisogna porre la massima attenzione, durante queste prime fasi: si pensi, infatti, che ben il 20% del turnover avviene proprio nei primi 45 giorni dall’assunzione (fonte: Inc.com).
  • Il terzo mese, infine, è quello che serve al nuovo impiegato per raggiungere il miglior grado di indipendenza; è il momento in cui bisogna stimolare la persona a divenire sempre più propositiva, ad assumersi maggiori responsabilità, a iniziare a contribuire ai destini della company portando del valore aggiunto personale, secondo i propri ruoli, in un quadro più ampio.

 

2. L’importanza dell’Employee Engagement

L’Employee Engagement è il grado di coinvolgimento dei dipendenti all’interno della sfera lavorativa: è qualcosa che influenza fortemente la produttività e la motivazione nel fare la propria parte per raggiungere gli obiettivi della company.

Secondo i dati di  Corporate Leadesrhip Council, i lavoratori altamente coinvolti (“highly engaged”, in gergo) tendono a cambiare posto di lavoro con una percentuale dell’87% inferiore rispetto ai dipendenti “disengaged”. Non stupisce che ben l’82% dei dipendenti delle aziende con le migliori performance a livello di crescita e fatturato si ritiene molto coinvolto (engaged) nella mission e nella dinamiche della propria company (sono dati di Blake Morgan, pubblicati su Forbes). Consideriamo, poi, dei dati più prettamente economici, forniti da Korn Ferry: le company con un alto tasso di engagement dei propri dipendenti producono, in media, delle revenue maggiori di ben 2,5 volte rispetto ai competitor con scarsi livelli di engagement dei propri impiegati.

Bene: non ci sono più dubbi sull’importanza di stimolare l’Employee Engagement, non trovate? Come farlo?

Mettendo in pista una strategia su più livelli, che – come abbiamo visto sopra – parta dall’on-boarding. Ma che si rivolga poi a un corretto equilibrio tra vita lavorativa e vita privata (ad esempio, tramite la possibilità di ottenere flessibilità di orari e luoghi di lavoro) del singolo. È poi importante creare un giusto spirito di squadra, con delle mirate ed efficaci strategie di team building.

Soprattutto – e più in generale – è importante coinvolgere gli impiegati nelle strategie aziendali, nella mission e nella vision del proprio brand (si pensi che solo il 40% della forza lavoro statunitense afferma di conoscere gli obiettivi e le strategie della company in cui è impiegata; fonte: Bain).

Detta in breve: bisogna saper mettere il dipendente sempre più al centro del proprio business, bisogna puntare alla personalizzazione. Su questa questione fondamentale torniamo nell’ultimo punto di questo elenco.

 

3. Il nesso tra Employee Experience e Customer Experience

Secondo un sondaggio del 2017 condotto da Gartner, ben l’81% dei marketer si aspetta che la customer experience sarà l’aspetto principale su cui si giocheranno le sfide principali del marketing nei prossimi tre anni. E, sempre secondo i dati di Blake Morgan, oggi addirittura l’89% delle company ritiene che proprio sulla customer experience si giochi la sfida più importante con i propri competitor.

Quello che qui ci preme sottolineare è che il nesso tra Employee Experience e Customer Experience è quanto mai stretto. Le aziende che eccellono nel customer service, infatti, hanno percentuale di employee engagement maggiore del 150%, rispetto a quelle che sono scarse in questo ambito (i dati, di nuovo, sono quelli di Blake Morgan pubblicati su Forbes).

 

4. Dall’engagement all’advocacy

L’employee advocacy è la promozione di una company da parte dei suoi dipendenti e collaboratori. In questo modo i dipendenti si trasformano in testimonial, in ambasciatori attivi e positivi dell’immagine dell’azienda.

Un fattore quanto mai decisivo. Secondo la ricerca “Trust Barometer”, condotta da Edelman, infatti, i dipendenti sono percepiti come due volte più credibili rispetto a un CEO o a un dirigente, quando promuovono la propria azienda.

L’advocacy è un obiettivo che si raggiunge per gradi, con diverse strategie; ma tutte, in fondo, puntano a fare qualcosa di molto semplice e naturale: trattare gli impiegati come “singoli individui”, ognuno con le proprie caratteristiche (in un’ottica di dialogo one-to-one) e – infine – farli sentire corresponsabili della mission e della vision aziendale.

L’advocacy sorge naturale, insomma, quando si punta alla personalizzazione: che è il punto fondamentale con cui chiudiamo questo elenco di best practice.

 

5. In fondo è tutta una questione di personalizzazione

Elizabeth Dukes, co-founder di iOffice, ha scritto: “Nessuno è in grado di migliorare l’esperienza degli impiegati meglio degli impiegati stessi. Chiedi a loro quali tipi di risorse, tecnologie, esigenze e spazi ritengono fondamentali per la massima efficienza e il massimo successo; e fai in modo di darglieli…proprio come accade con i tuoi clienti!”.

In fondo, il segreto per migliorare engagement, experience e advocacy sta tutto qui: conoscere i propri dipendenti, le loro caratteristiche e le loro esigenze; e imparare a dialogare con ognuno in maniera il più possibile diversificata, semplice e su misura.

Insomma, un “segreto” antico quanto il commercio; ma che oggi è reso possibile dalle dinamiche data-driven introdotte dalla digital transformation (le stesse che si applicano con la propria platea di clienti o utenti, insomma).

Un esempio? Si veda il caso di Doxee, un’azienda che mette al centro del suo business l’approccio customer-oriented e interattivo, che per Poste Italiane ha realizzato una campagna basata sui video personalizzati.

Una campagna rivolta “all’interno”, ad un vastissimo numero di lavoratori. Ognuno di questi ha ricevuto un video interattivo, in cui vengono presentate le opzioni in materia di welfare aziendale, uno dei temi più caldi, importanti e sentiti nell’attuale mercato del lavoro. Con questo strumento, i singoli dipendenti sono stati messi in grado di decidere in maniera semplice ed immediata come usufruire del welfare aziendale. Tutto in pochi clic.

Ecco, in un caso concreto, come si può trasformare l’impiegato da satellite a centro del proprio business!

 

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