Articolo aggiornato al 18/07/2022

I cambiamenti del settore automotive

Il presale nel settore automobilistico è un processo lungo e delicato. Ecco come presidiarlo al meglio, per raggiungere i risultati di vendita più soddisfacenti.

Oggi, affrontare i temi del comparto Automotive significa, innanzitutto, guardare in faccia la realtà: la recente pandemia ha avuto un impatto molto pesante sulle vendite di automobili in tutto il mondo e sui fatturati delle company della filiera.

È un momento di crisi e c’è bisogno di una svolta.

 

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In questa situazione, dunque, non può esserci errore più grande di limitarsi a “giocare in difesa”, facendosi bloccare dalla paura. Nel business vince sempre chi si adatta alla realtà che cambia e chi sa reagire prima degli altri, guardando al futuroe il futuro, oggi, è sempre più digitale. Anche nell’Automotive Industry.

Ci siamo già focalizzati sulla Digital Transformation nel settore automobilistico: vi abbiamo parlato di Digital Experience del cliente, di marketing e customer care data-driven, abbiamo sottolineato l’importanza della personalizzazione. Ora vogliamo concentrarci su tutto quello che riguarda una fase specifica e decisiva, quella che precede la vendita vera e propria.

Il presale nel settore automobilistico è un processo nient’affatto lineare. È composto di moltissimi touch-point, che si sviluppano attraverso canali molto diversi tra loro.

Imparare a mappa e presidiare questo “percorso” complesso è di primaria importanza. Partiamo da qui.

 

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Presale nel settore automobilistico: come si sviluppa il Customer Journey?

 Iniziamo con una domanda semplice: quanto è lungo il percorso di presale nel settore automobilistico? La risposta breve è questa: è molto più lungo e articolato di quelli di tanti altri settori.

Vediamolo però nel dettaglio, partendo da una prima certezza: il punto di partenza è quasi sempre on-line.

Il 95% delle Customer Journey dell’Automotive, infatti, inizia con una ricerca in rete. Nel 60% dei casi, questa ricerca avviene tramite un dispositivo mobile …e attenzione: spesso si cercano dei video e su questo torniamo più avanti (Fonte: Think with Google). Inoltre, solo una persona su tre ha già in mente, con esattezza, qual è l’automobile che vuole comprare, prima di iniziare il suo processo di ricerca (Fonte: Cox Automotive).

Dunque, cosa accade dopo queste prime ricerche? Come si sviluppa la Customer Journey da questo punto in poi?

Uno studio realizzato da ACA Research ha cercato di mappare la Customer Journey di chi si appresta a comprare un veicolo: si tratta di una fotografia molto precisa delle fasi di presale nel settore automobilistico, dalle ricerche iniziali fino all’acquisto finale.

Quello che è emerso è che questo percorso riguarda un arco temporale che va dalle 5 alle 12 settimane e che si sviluppa secondo 4 tappe principali:

  1. Innanzitutto, dopo le prime ricerche online, la persona stila un elenco di veicoli che gli interessano e dei relativi brand (una fase che solitamente avviene da 1 a 3 mesi prima dell’acquisto).
  2. Si procede poi a una selezione molto più ristretta. Questo è un momento decisivo, in cui hanno un grande peso i feedback e le recensioni online. Anche e soprattutto sui social. A riguardo, fate attenzione a questi altri dati: per il 78% degli acquirenti di un’automobile i social network sono stati tra le risorse più preziose per cercare ispirazione sul modello da acquistare (fonte: Facebook); occhio ai video: circa il 70% delle persone visualizza dei video su YouTube nelle primissime fasi del processo di acquisto di un’auto (la fonte è una ricerca commissionata a Google da Millward Brown Digital).
  3. C’è poi il momento del test drive (2/4 settimane prima dell’acquisto). E qui, dall’online ci si sposta al “mondo fisico” dei rivenditori e dei concessionari.
  4. Finalmente, arriva il momento del preventivo e la scelta finale.

In tutto questo percorso i touchpoint toccati, in media, sono addirittura 20, molto diversi tra loro e distanziati nel tempo. Come è possibile presidiarli tutti? E come è possibile farsi trovare al posto giusto, nel momento giusto, alle giuste persone?

A venirci incontro sono i cosiddetti “Big Data”: l’arma più preziosa a disposizione dei brand e dei concessionari.

Big Data e presale: dal sentiment ai segmenti

I tanto citati Big Data altro non sono che le “tracce digitali” che tutti noi lasciamo online e – come abbiamo visto sopra – nelle fasi di ricerca ed acquisto di un’automobile ne lasciamo moltissime.

La loro importanza è enorme. Non a caso i dati, spesso, vengono definiti il petrolio dell’era digitale. Perché?

Principalmente perché, attraverso queste informazioni, è possibile conoscere le caratteristiche, le abitudini, le aspettative delle persone: dai grandi numeri fino ai singoli individui. Ancor più importante: a partire dai comportamenti passati si è in grado di prevedere quelli futuri.

I brand dell’Automotive – ma anche i concessionari e rivenditori – devono, dunque, imparare a raccogliere queste tracce, ad analizzarle in profondità (per questo si preferisce parlare di “Smart Data” o “Deep Data”) e interpretarle in modo da avere una conoscenza il più possibile approfondita del proprio target.

Si tratta di un’operazione che va condotta a più livelli, da quello più generale e complessivo, per farsi un’idea di quale sia il sentiment dell’opinione pubblica e di come varia nel tempo.

Ma poi bisogna concentrarsi su sotto-insiemi specifici, in primis su base territoriale: com’è intuitivo, il sentiment verso un determinato brand o un determinato tipo di veicolo può essere molto differente, ad esempio, in un paese emergente asiatico rispetto a una nazione europea. Ma ci possono essere delle variazioni significative anche tra aree geografiche distanti solo pochi chilometri.

Dal sentiment, poi, è bene spostarsi verso la definizione di veri e propri segmenti di target. Riunire, quindi, in cluster coerenti i clienti potenziali che condividono determinate caratteristiche (da quelle sociali, a quelle anagrafiche, a quelle più “psicologiche”).

È un’operazione complessa, che va condotta in maniera funzionale, omnichannel, selezionando in questa massa di Big Data quelli più significativi ed utili ai propri scopi. Poi viene la fase dell’interpretazione, attraverso dei sistemi di Intelligenza Artificiale e di Machine Learning

Tutte queste operazioni, se ben processate, permettono di suddividere il proprio target in micro-target sempre più specifici, da andare a colpire con azioni su misura. Non si tratta più, insomma, di “sparare nel mucchio” e di inviare messaggi one-to-many. Ma di farsi guidare dai dati per condurre azioni mirate e chirurgiche, che mostrano un’efficacia senza precedenti.

Eccovi un esempio concreto, molto basilare, ma anche per questo assai significativo.

Ci riferiamo a una campagna di web marketing realizzata di recente da Mini e indirizzata ad un target di persone interessate a vetture di gamma alta. Il brand ha raccolto dati dai propri sistemi interni di CRM (Customer Relationship Management), ma anche dal proprio sito web e dai canali social. Grazie a sistemi di analisi e machine-learning, questo target specifico è stato individuato in maniera efficiente e precisa. Ma non solo: è stato a sua volta in suddiviso in segmenti più piccoli sulla base di abitudini individuali, tipologie di device utilizzati, precedenti ricerche effettuate, orari del giorno in cui sono state realizzate, e diversi altri segnali che sono stati incrociati tra loro.

Insomma: questa operazione ha cercato di spingersi oltre i “target segmentati” per avvicinarsi ad una vera e propria personalizzazione (un tema su cui torniamo nel prossimo paragrafo).

I risultati di questa operazione parlano da soli: un incremento del tasso di conversione del 300% e un abbassamento del cost-per-acquistion (che misura il costo unitario sostenuto dall’inserzionista per ogni conversione ottenuta) di ben il 75% (fonte: morganandco.com).

Dai segmenti alle singole persone

Abbiamo parlato dell’importanza dei Big Data per indagare le variazioni del sentiment e per individuare dei segmenti specifici di target con cui interfacciarsi. Ma si può andare oltre? Sì.

E cosa c’è oltre i segmenti? Le singole persone, con le loro caratteristiche individuali, i loro comportamenti, le loro esigenze specifiche.

I grandi marchi dell’Automotive, ma anche i concessionari, oggi possono spostarsi dal marketing one-to-many alla rivoluzione del one-to-one.

La personalizzazione è una delle strategie più antiche ed efficaci del commercio: oggi prende nuova vita grazie alle più potenti tecnologie messe a disposizione dalla Digital Transformation. E di personalizzazione si occupano aziende specializzate come Doxee, che mettono a disposizione delle soluzioni che possono rivelarsi davvero preziose per le fasi di presale nel settore automobilistico.

Eccovene due esempi.

  • Doxee Pweb®, innanzitutto: una rivoluzione nel modo di comunicare dati, offerte e informazioni complesse ai clienti. Si tratta di creare veri e proprimicro-siti dinamici e interattivi, costruiti sulla base delle caratteristiche, dei comportamenti e delle esigenze di ogni singola persona.
  • Doxee Pvideo®, uno strumento che unisce l’efficacia della comunicazione video con il boost della personalizzazione.

Pensate alle possibilità di poter “vedere”, nei particolari, l’automobile che si ha in mente di acquistare: attraverso un video, però, costruito sulla base delle caratteristiche del destinatario. Pensate a quanto possa essere prezioso questo strumento nelle diverse fasi di presale (una su tutte, quelle del preventivo). Ma anche in quelle di postsale (il service, la manutenzione e la Customer Care più in generale).

I grandi marchi dell’Automotive si sono resi conto che la personalizzazione può essere davvero la chiave per vincere le sfide del futuro. Si sono resi conto, insomma, che la rivoluzione digitale è la svolta per guardare al futuro, dopo questo periodo di crisi. Una rivoluzione che ha al centro il singolo automobilista.