Il concetto di welfare a cui facciamo riferimento oggi è molto più flessibile e dinamico rispetto al passato: nuove misure si aggiungono via via a quelle esistenti per adattarsi all’evoluzione delle condizioni economiche, sociali e culturali. In generale, in questi ultimi anni è emersa una tendenza che prende in considerazione l’intera persona (e non solo quindi gli aspetti pratici legati al lavoro) e concepisce lavoratrici e lavoratori come soggetti che abitano e trasformano una realtà sempre più complessa.

Se da un lato le aziende si stanno rendendo conto di quanto l’engagement influisca direttamente sulla produttività, dall’altro, per riuscire a rispondere alle crescenti richieste di maggior responsabilità sociale, si trovano nella condizione di dover implementare politiche, procedure, programmi e risorse che si rifanno sempre più ai criteri ESG stabiliti a livello internazionale. 

Proviamo ad approfondire questo duplice aspetto, assumendo come punto di partenza una definizione di welfare che per riuscire a cogliere i cambiamenti della normalità post pandemica è tuttora in via di aggiornamento.

 

Che cos’è il welfare dei dipendenti?

Secondo ILO (International Labour Organization) per “welfare dei dipendenti” si intendono “quei servizi, strutture e attrezzature che possono essere istituiti all’interno o nelle vicinanze delle imprese per consentire alle persone in esse impiegate di svolgere il proprio lavoro in un ambiente sano e tranquillo e di usufruire di strutture che migliorano la loro salute e sostengono il loro morale”.

In un piano di welfare aziendale troviamo quindi i benefici e i servizi che un datore di lavoro implementa per i propri dipendenti. Può includere convenzioni con istituti che offrono diversi tipi di assicurazione (sanitaria, sulla vita, di invalidità eccetera) o servizi come asili nido in loco, centri fitness, buoni pasto.

Il concetto di welfare oggi tende sempre più a essere onnicomprensivo e si espande fino a contenere tutte quelle iniziative che in ambito aziendale vengono organizzate con l’obiettivo di assicurare il benessere dei dipendenti. Si articola in due dimensioni fondamentali: 

  1. la prima dimensione ha a che vedere con la capacità di coinvolgere le persone nella cultura e nella vita aziendale (l’accento viene qui posto sulla misura in cui l’engagement della forza lavoro si traduce in un più alto o più basso livello delle performance); 
  2. la seconda è di più largo respiro e va inquadrata all’interno dei criteri ESG (Environmental, Social, and Governance), a cui si stanno adeguando le organizzazioni socialmente consapevoli (i criteri ESG sono utilizzati per rassicurare mercati e stakeholder e per vagliare potenziali investimenti). 

 

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Welfare: aumentare il well-being per aumentare engagement e produttività

Lo stress tra i lavoratori di tutto il mondo ha raggiunto di nuovo il massimo storico. È quello che rivelano dati contenuti nello State of the Global Workplace 2022 di Gallup, secondo cui preoccupazione, rabbia e tristezza rimangono al di sopra dei livelli pre-pandemia. Sebbene la salute emotiva non sia facilmente registrabile da metriche oggettive, i rischi organizzativi ci sono e sono assolutamente concreti. Che siano stressati a causa del lavoro o che il loro stress si trasferisca nel lavoro il 44% dei dipendenti sembra vivere una situazione costante di ansia quotidiana.

Se le aziende non prestano la dovuta attenzione al benessere dei loro dipendenti – si legge nel report – corrono il rischio di non essere pronte a gestire episodi di burnout e alti tassi di abbandono.

Anche prima della pandemia, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) riconoscevano il posto di lavoro come mezzo per creare benessere. Jessica Pryce-Jones nel suo Happiness at Work dimostra come la cultura e l’ambiente in cui le persone svolgono il loro lavoro – sia esso una fabbrica, un ufficio, o da remoto – costituisca una potente leva per promuovere e sostenere la “felicità”, intesa come salute fisica e mentale dei dipendenti.

 

Il legame tra “felicità” e produttività passa dalla creazione di engagement

Da oltre un decennio sappiamo che una forza lavoro più “felice” è una forza lavoro più produttiva

Importanti studi come quello contenuto nel paper The Correlation of a Corporate Culture of Health Assessment Score and Health Care Cost Trend pubblicato sul «Journal of Occupational and Environmental Medicine» hanno dimostrato che, per ogni dollaro risparmiato in costi sanitari diretti, i datori di lavoro ricevono 2,30 dollari in prestazioni e produttività. 

Se, come afferma Gallup il basso engagement della forza lavoro costa all’economia globale 7,8 trilioni di dollari, la relazione tra benessere ed engagement appare cruciale nella costruzione di un sistema di welfare efficace, che sia in grado di produrre benefici concreti sia per i dipendenti sia per le aziende.

Le aziende che ancora oggi si concentrano esclusivamente su benefits monetari sottovalutano l’importanza che i dipendenti, soprattutto i più qualificati, attribuiscono a un ambiente di lavoro incentrato sul coinvolgimento, un workplace stimolante e soprattutto innovativo. Per esercitare azioni di employee retention efficaci (e mantenere un rapporto stabile e duraturo con i propri talenti, evitando un eccessivo turnover e garantendo la continuità delle attività aziendali), le aziende dovrebbero estendere il loro concetto di welfare e rendere l’esperienza del dipendente (employee experience) parte integrante della cultura organizzativa. 

La trasformazione digitale fornisce gli strumenti utili a raggiungere questo obiettivo: grazie alle nuove tecnologie oggi le aziende possono ascoltare con reale attenzione i loro dipendenti, acquisire i dati necessari a conoscere il loro stato fisico ed emotivo, le loro preferenze e i loro bisogni e usare questa conoscenza per migliorare la employee experience.

 

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Come cambiano i criteri ESG: maggiore attenzione sui diritti sociali dei dipendenti

Gli stakeholder aziendali (manager, direttori, investitori, analisti, broker) sono sempre più consapevoli dell’urgenza di includere i criteri ambientale, sociale e di governance in modelli di business e piani di azione a lungo termine. La salute e il benessere dei dipendenti, tuttavia, sono i principi sociali di gran lunga più trascurati tra quelli che rientrano nel framework ESG. Infatti, fino a poco tempo fa le metriche relative al welfare nell’ambito dei quadri di rendicontazione ESG tendevano ancora concentrarsi quasi esclusivamente su incidenti correlati a lesioni, infermità e malattie.

È stata la pandemia a mettere in evidenza il legame inestricabile tra salute e performance aziendale. La maggior parte dei datori di lavoro ha mobilitato risorse per rispondere tempestivamente a una situazione straordinaria, implementando i protocolli di sicurezza per la riduzione del rischio. Processi che erano già in atto ma procedevano lentamente hanno subito una forte accelerazione: l’impatto delle misure di distanziamento sociale sui lavoratori è stato così profondo che è diventato impossibile per il mondo del lavoro ignorare le preoccupazioni verso la salute e il benessere generale dei dipendenti. 

Secondo Deloitte esistono sempre maggiori evidenze che i pillars ESG (ambientale, sociale e di governance) esercitino un’influenza diretta sul benessere dei dipendenti. Il problema è che le misure inserite nel framework ESG sono spesso insufficienti a catturare il valore dei programmi di welfare di un’organizzazione. Per poter avere un impatto reale e a lungo termine le linee guida dei modelli ESG dovrebbero includere requisiti sociali in grado di estendersi oltre quelli tradizionali: standard aggiornati per la progettazione di politiche volte a tutelare le diversità, aumentare l’equità e l’inclusione e per lo sviluppo di pratiche utili alla gestione dei comportamenti discriminatori. Un fattore decisivo per il successo di azioni basate su parametri ESG è, infine, la loro comunicazione: la capacità di far arrivare messaggi chiari e condivisi sia all’esterno (canali social e istituzionali) sia all’interno dell’azienda (app e piattaforme di collaborazione). 

Fin qui abbiamo indagato gli aspetti principali in cui dovrebbe articolarsi un piano di welfare che sia in grado di cogliere la portata dei cambiamenti in atto. Adesso vedremo quali sono le tre migliori iniziative di welfare da attuare per migliorare il benessere dei dipendenti.

 

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1. Scegli con cura gli obiettivi di welfare (a partire dalla conoscenza dei bisogni dei tuoi dipendenti)

Scegliere gli obiettivi di welfare più adatti può essere un processo complesso e impegnativo, in particolare nelle organizzazioni più grandi che presentano una forza lavoro diversificata.

Tra i possibili obiettivi che un piano welfare potrebbe perseguire troviamo:

  • Maggiore soddisfazione ed engagement dei dipendenti (rafforzare l’adesione ai valori aziendali); 
  • Turnover ridotto (aumentare l’employee retention e migliorare le attività di talent management)
  • Maggiore efficienza nella gestione dei piani di benefit (risparmiare tempo e denaro);
  • Supporto alle procedure di conformità (evitare multe o sanzioni assicurando il rispetto delle normative a tutela dei lavoratori);
  • Maggiore trasparenza (assicurare ai dipendenti l’accesso a informazioni accurate e tempestive sui loro piani di benefit).

La tecnologia può svolgere un ruolo chiave nell’aiutare a gestire e automatizzare molti di questi processi, attraverso la raccolta di informazioni – strutturate (per esempio le schede anagrafiche dei dipendenti) e non strutturate (interviste o commenti postati sulle bacheche digitali dell’azienda).

2. Misura le tue azioni di welfare 

Non è possibile correggere o migliorare ciò che non si conosce. Per questo è indispensabile condurre regolari sondaggi tra i dipendenti, così da determinare se sono sorte nuove criticità o se si sono cronicizzati problemi latenti.

La sola raccolta di risposte non è però sufficiente: è fondamentale concentrarsi sulle informazioni che offrono insight effettivamente utili, per riuscire a identificare le cause alla radice dei problemi e per cogliere eventuali segnali incoraggianti. Da un sondaggio ben progettato è possibile estrarre approfondimenti validi sia per identificare cause ed effetto di tendenze e pattern di comportamento sia per suggerire strategie valide e realistiche.

Iniziative che misurano l’efficacia del welfare aziendale sono indispensabili per valutare la soddisfazione delle persone rispetto a benefici specifici come l’assistenza sanitaria o i piani pensionistici, per determinare se i dipendenti conoscono tutti i vantaggi dei servizi offerti, per identificare le aree di miglioramento.

Rientrano in questo tipo di iniziative anche le regolari valutazioni del rischio, grazie alle quali le aziende possono determinare quanto sono sicuri ed ergonomici strutture, servizi e attrezzature.

Gli strumenti digitali, come le piattaforme per la gestione dei dati, giocano un ruolo strategico nell’acquisizione e interpretazione dei dati relativi al successo di singole campagne e azioni: integrando i risultati delle prestazioni all’interno di una panoramica accessibile dai diversi team (direzione e risorse umane in primis), le organizzazioni possono identificare più facilmente i potenziali punti critici di politiche e strategie, scoprire le pratiche più innovative e convalidare quelle che hanno già dimostrato di poter funzionare.

3. Comunica e promuovi le tue azioni di welfare 

I servizi di welfare che i dipendenti non utilizzano o di cui non sono a conoscenza sono, in definitiva, inutili. Investire sulle modalità di promozione e comunicazione delle azioni di employee welfare è allora essenziale: per migliorare l’esperienza dei dipendenti, aumentare la loro consapevolezza e il loro coinvolgimento. Gli strumenti di comunicazione tradizionali potrebbero però non bastare: le e-mail lunghe potrebbero andare perse nel flusso di posta quotidiano o essere semplicemente  ignorate o i ritmi di lavoro potrebbero non lasciare tempo per dare un’occhiata alla intranet aziendale.

I canali di comunicazione digitale offrono in questo senso delle ottime alternative. 

  • Le comunicazioni mobile (per esempio le app che consentono di raggiungere il personale direttamente sui loro smartphone) si dimostrano particolarmente efficaci per la Generazione Z e i lavoratori più giovani.
  • I video personalizzati trasformano i dati dei dipendenti in racconti coinvolgenti ed interattivi, che offrono esattamente le informazioni di cui ciascuno di loro ha bisogno. 
  • Le survey online servono ad acquisire le informazioni utili a progettare e promuovere i benefits compresi nel piano welfare. I sondaggi servono anche per far sentire i dipendenti parte integrante delle decisioni aziendali che li riguardano.
  • Formazione continua (anche e-learning). I corsi di aggiornamento professionale figurano stabilmente tra i benefits più richiesti dai dipendenti. Un avviso RSVP online che ricorda l’inizio delle lezioni può rivelarsi estremamente utile per massimizzare partecipazione coinvolgimento.

Anche se la maggior parte delle aziende di grandi dimensioni prevede programmi di welfare, non sempre la salute mentale e relazionale dei dipendenti è tenuta in dovuto conto e la dimensione più ampia del benessere dei dipendenti (sociale, finanziario, professionale) continua a venire sottovalutata. Tutte e tre le iniziative di welfare aziendale che abbiamo segnalato riescono a colmare questa mancanza perché hanno un aspetto in comune: utilizzano le tecnologie digitali per realizzare azioni personalizzate, dalla definizione degli obiettivi alla misurazione del successo dei servizi fino allo sviluppo di comunicazioni chiare, complete e puntuali.