Oggi chiunque operi nel mercato della vendita al dettaglio dispone di un insieme ampio e articolato di strumenti e metodi di misurazione e può contare su KPI Retail molto più avanzate rispetto al passato. E se siamo in grado di misurare meglio il business, possiamo migliorarlo, migliorando le prestazioni lungo l’intera filiera, dalla gestione della supply chain, all’ottimizzazione del magazzino, dalla comunicazione negli spazi di interazione con il pubblico (fisici e virtuali), alla conclusione delle trattative da parte del team sales fino alla esecuzione materiale delle transazioni. 

 

New call-to-action

 

Abbiamo già parlato dei KPI nel marketing e i principali KPI per misurare le performance nel CRM.

L’innovazione tecnologica ha impresso alla trasformazione di interi settori una formidabile accelerazione, dando forza a una serie di cambiamenti economici, sociali e culturali: l’affermazione di modelli di consumo alternativi a quelli tradizionali, l’emergere di un nuovo status del consumatore, più consapevole e attento.

Motore di queste trasformazioni radicali, che stanno riplasmando in profondità il mercato Retail, sono tutti i processi attraverso i quali le organizzazioni raccolgono, puliscono, categorizzano, interpretano e modellizzano i dati in arrivo da una miriade di fonti.

La democratizzazione del dato – perno di una cultura aziendale che abbatte i silos informativi per creare e condividere conoscenza diffusa tra le diverse funzioni – non è più una eventualità da cogliere quanto piuttosto una esigenza reale. Per orientarsi all’interno di un ecosistema potenzialmente infinito e caotico di informazioni è necessario fare affidamento sui KPI Retail (Retail Key Performance Indicators) che consentono di mappare l’andamento delle attività di impresa

Lo scopo ultimo è quello di mettere le persone dell’azienda in condizione di prendere le decisioni migliori, suggerendo loro insight utili ad eseguire una strategia commerciale definita, per aumentare il volume delle vendite e massimizzare i risultati su ogni punto di contatto.

Per poter scegliere i KPI Retail più adatti a cogliere e a tradurre in forme comprensibili i dati a disposizione, il primo passo da compiere consiste nel definire gli obiettivi di business: siano essi la crescita del team di vendita o l’ottimizzazione degli spazi (store brick-and-mortar o siti di eCommerce), l’aumento e la qualificazione degli accessi online oppure la crescita delle conversioni, solo per citarne qualcuno. Solo a partire da una riflessione di questo tipo sarà possibile scegliere i KPI con cui tenere traccia delle performance dell’azienda. 

Il punto è che KPI Retail e obiettivi dell’attività d’impresa procedono sempre congiunti. Le metriche che decideremo di assumere per effettuare le nostre misurazioni dovranno infatti essere sempre perfettamente integrate all’interno di strategie progettate per raggiungere determinati risultati. 

Lo stesso discorso vale anche se parliamo di uno degli ambiti più rilevanti della vendita al dettaglio, e cioè quello della Grande Distribuzione Organizzata. Anche in questo caso la scelta delle metriche “giuste”, la corretta implementazione degli strumenti con cui visualizzarle e le decisioni su come impiegare quanto rilevato diventano parte integrante di un piano di GDO marketing.

Oltre gli indicatori transazionali: dalla quantità del venduto alla qualità della relazione

Gli indicatori più comuni per registrare l’andamento di un’azienda del Retail sono i KPI transazionali. I KPI transazionali – che sono raccolti nel primo dei tre gruppi di cui parleremo in questo articolo – per quanto imprescindibili, non esauriscono le possibilità euristiche offerte dagli strumenti digitali. Il fatto è che nell’attuale contesto dei consumi, reso più complesso dalla diffusione di massa delle nuove tecnologie di comunicazione, una valutazione che si voglia chiara, affidabile e completa non può limitarsi alla rendicontazione delle transazioni (quelle fallite e quelle andate a buon termine) ma deve anche descrivere lo svolgimento complessivo dei differenti percorsi di acquisto così come vengono sperimentati dai clienti

Detto in altre parole, oggi è diventato inevitabile spostare l’attenzione dal prodotto al compratore, dalla quantità dei prodotti o dei servizi alla qualità dell’esperienza di acquisto, dal monologo del brand alla conversazione tra brand e consumatore.

In questo articolo assumeremo i KPI Retail transazionali come inevitabile punto di partenza e da lì procederemo oltre, concentrandoci su quelle metriche che oggi, più compiutamente rispetto a quelle “tradizionali”, dimostrano di riuscire a cogliere la dimensione unitaria e olistica del percorso di vendita (e di acquisto): KPI Retail relazionali e KPI Retail cross-channel (anche detti omnicanale). 

In particolare, usando in modo sinergico tutti e tre questi tipi di KPI Retail potremo:

  • monitorare l’attività dell’azienda nel suo complesso,
  • misurare le prestazioni in modo più accurato, superando una visione altrimenti parziale,
  • offrire gli approfondimenti necessari per migliorare i diversi processi decisionali.

Prima di proseguire fermiamoci un momento per fissare nella memoria alcuni concetti di base: che cosa sono i KPI Retail? A che cosa servono? 

Cosa sono i KPI Retail?

I KPI, noti anche come “indicatori chiave di prestazione”, sono le metriche (i numeri) che è necessario monitorare a cadenze regolari per poter determinare se una attività (per esempio: iniziative promozionali, campagne social o altre azioni di marketing) sta dando i risultati attesi.

Le attività della vendita al dettaglio sono diverse le une dalle altre, pertanto ciascuna richiede una misurazione specifica: il rischio altrimenti, se si trascura questo passaggio iniziale di riconoscimento delle differenze, è di venire inondati da dati che non solo possono essere scorretti, ambigui o incompleti ma che finiscono per essere privi di qualsiasi significato operativo rilevante.

A che cosa servono i KPI Retail?

I KPI Retail sono indicatori chiave di prestazione perché non solo offrono un supporto cruciale nel valutare le performance di un’azienda ma forniscono anche una serie di suggerimenti sulla linea di condotta più appropriata da tenere nell’immediato futuro: indicano, appunto, la soluzione per correggere azioni poco incisive, risolvere malfunzionamenti o eliminare comportamenti dannosi. 

A seconda di ciò che si sta misurando – per esempio l’andamento di una campagna promozionale, il funzionamento di una nuova soluzione software per la gestione del magazzino, la risposta del pubblico a un diverso approccio del servizio di customer care, l’efficacia di un contenuto personalizzato distribuito su più canali – i KPI Retail consentono uno sguardo d’insieme: sulla situazione delle vendite, sul movimento delle scorte, sul livello di soddisfazione dei clienti, sul numero di conversioni ottenute modificando alcuni aspetti (e non altri) della content strategy, eccetera.

Finora abbiamo parlato delle caratteristiche generali dei KPI Retail. Adesso invece entreremo nel dettaglio, individuando all’interno di ciascuna categoria le metriche che offrono le possibilità di misurazione più efficaci.

KPI Retail transazionali (metriche di vendita)

Le misurazioni transazionali, per definizione, si concentrano sulle singole transazioni e fotografano solo i clienti nel momento in cui interagiscono con un’azienda. Sono moltissime, noi qui riportiamo le più utilizzate.

  • Sales & Gross Margin: percentuale di articoli venduti in un determinato periodo di tempo.
  • Scontrino Medio (il carrello medio di uno shop online): importo medio speso da un cliente in ogni transazione in un punto vendita fisico o virtuale.
  • Unit per Transaction: numero medio di articoli per singolo scontrino (o carrello).
  • Sell Through: percentuale di prodotti venduti rispetto a quelli ricevuti dal fornitore (rapporto tra sell in e sell out).
  • Sales Square Foot: volume di vendite per metro quadro. Questa metrica nasce per descrivere transazioni che si verificano in un negozio fisico ma l’avvento del metaverso con la proiezione dell’utente-avatar in un ambiente immersivo e virtuale (ecommerce, marketplace, social selling) potrebbe complicarne – e arricchirne – la definizione.
  • Inventory turnover: nota anche come rotazione delle scorte, questa metrica registra il numero di volte in cui le scorte vengono vendute o utilizzate in un determinato periodo di tempo. 

KPI Retail relazionali

Tra le metriche più innovative, i KPI Retail relazionali riflettono il cambiamento di paradigma che ha ridefinito gli equilibri nel rapporto tra brand e cliente, spostando l’ago della bilancia a favore di quest’ultimo. I più usati sono:

  • Customer retention (tasso di fidelizzazione del cliente): indicatore eccellente per il servizio clienti, le prestazioni del prodotto e la misurazione del grado di fedeltà, è una delle modalità più comuni per la determinazione del tasso di fidelizzazione dei consumatori. Indica la quantità di clienti che ritornano a fare shopping da un brand dopo aver acquistato un suo prodotto o servizio. 
  • Net promoter score: esprime, su una scala da 1 a 10, la probabilità con cui i clienti di un brand lo raccomandano a qualcun altro. Il NPS è il risultato di un sondaggio che si propone di indagare se e con quale intensità un cliente consiglierebbe determinati prodotti o servizi. I clienti intervistati, sulla base delle loro risposte, vengono divisi in promotori (i portavoce entusiasti), passivi (che raramente segnalano e suggeriscono a terzi), detrattori (che hanno avuto esperienze negative e stanno pensando di passare a un concorrente). Il NPS non è esente da critiche: non è un indicatore affidabile della customer retention ed è raramente correlato al tasso di abbandono. Il suo maggior contributo lo dà a livello di account: la raccolta regolare dei feedback dei clienti aiuta infatti ad affrontare frustrazioni e preoccupazioni e a minimizzare il rischio di abbandono.

KPI Retail Cross-channel (metriche omnicanale)

Le “tradizionali” metriche a canale unico sono quelle ancora legate a una separazione rigida tra percorso di acquisto in negozio e canali digitali (per fare qualche esempio: volume di vendite, permanenza sul sito web, visualizzazioni di pagina, numero netto di  conversioni, dimensioni del carrello). Per ogni retailer l’interazione tra canali fisici e digitali tende sempre di più a complicarsi e anche se i Retail KPI di canale continuano a giocare un ruolo importante, non riescono a catturare l’intero valore di un esercizio. 

Invece di concentrarsi sulle metriche tradizionali, appiattite su un unico medium, oggi i commercianti devono riconfigurare i KPI per tararli sul sistema dei diversi canali presidiati dal brand. L’obiettivo è duplice: misurare tutte le possibili leve che guidano il comportamento dei clienti lungo il loro viaggio e ricalibrare le metriche del lavoro per tracciare la serie completa di attività svolte dai dipendenti del negozio. I KPI Retail Cross-channel più importanti sono:

  • Conversion rate: il tasso di conversione è dato dal rapporto tra le visite in negozio e il numero di acquirenti che hanno effettuato un acquisto. Il tasso di conversione misura l’efficacia delle iniziative realizzate per ingaggiare il target di destinazione, qualificare i lead e trasformare gli utenti in clienti. 
  • Footfall attribution: significa letteralmente “attribuzione del numero dei clienti” e indica il totale di clienti che entra in un negozio. Traslando la definizione dal mondo fisico a quello virtuale, il footfall attribution viene utilizzato per correlare le impressions delle campagne di marketing digitale alle visite effettive in negozio. Mira a determinare il numero di consumatori che visualizzano gli annunci e poi visitano lo store, combinando i dati raccolti “in presenza” e i risultati ottenuti dalle interazioni con i canali digitali. 

La scelta di quali KPI Retail utilizzare non riguarda solo “che cosa” si vuole misurare – da qui la distinzione tra KPI transazionali, relazionali, cross-channel – ma anche la frequenza delle operazioni di misurazione.

Frequenza dei KPI Retail: misurare i “momenti di verità”

Nel suo articolo How should you measure customer experience?, Daniel Lafrenière riporta le riflessioni di Francis Pelletier, VP Customer Experience and Innovation di SOM Research Group, e individua tre tipi di frequenza di misurazione: continua, puntuale e periodica. Vediamo come considerazioni su tempo e ripetizione influenzano i KPI Retail.

  • Le metriche transazionali possono isolare e tradurre in un dato quantitativo la percezione puntuale maturata dal cliente lungo il suo percorso d’acquisto: su una particolare transazione, all’interno di una data interazione, su un determinato touchpoint. Per esempio: la qualità dell’esperienza del cliente può essere valutata al momento dell’ordine, del pagamento o della consegna.
  • Il CSAT (Customer SATisfaction) e il CES (Customer Effort Score) sono esempi di KPI transazionali utilizzati per qualificare e quantificare una specifica interazione, restituiscono l’apprezzamento dei clienti in un dato momento me non ci dicono niente sull’interazione complessiva o sulla successione completa di interazioni.
  • I KPI di relazione misurano lo stato del rapporto tra i clienti e il brand fin dall’inizio della relazione commerciale, permettendo di osservare da un punto di vista storico come si evolve l’interazione, anche nelle sue coloriture emotive (aiutano cioè a definire il sentiment dei clienti rispetto a un marchio).
  • Il NPS (Net Promoter Score), a cui abbiamo fatto cenno, è l’archetipo del KPI di relazione. Misura la propensione di un cliente a consigliare un prodotto, un servizio o un brand ad amici e familiari a seguito di un’interazione. 

La misurazione continua è quella che ha forse il potenziale descrittivo maggiore: ancorandola al customer journey può rivelarne i cosiddetti “momenti di verità”, vale a dire i momenti cruciali della relazione del cliente con l’azienda.

Se combiniamo KPI transazionali, relazionali e omnicanale e li osserviamo da una prospettiva congiunta con una misurazione continua li vedremo influenzarsi a vicenda e acquistare tutto il loro significato. 

Per ottenere una panoramica affidabile delle attività di un negozio (supermercato, punto vendita di quartiere o e-commerce, la strada è la stessa), dobbiamo riuscire ad adottare i KPI giusti, monitorandoli con la giusta frequenza. Dobbiamo ancorare le nostre misurazioni ai momenti di verità collegandole alle promesse fatte ai clienti, al tipo di servizio offerto e alle emozioni che il brand intende creare.