Il fine ultimo delle azioni di chi si occupa di raccolta fondi nel settore Charity – in inglese “fundraiser” – è convincere chiunque possa sostenere la causa di un’organizzazione, cioè gli stakeholder nel no profit, a impegnarsi in una relazione che è fatta soprattutto di fiducia.

Per far nascere e mantenere nel tempo le relazioni pubbliche con gli stakeholder no profit il fundraiser deve, oggi più che mai, padroneggiare gli strumenti del Charity PR, in particolare imparando a sfruttare le opportunità di personalizzazione e omnicanalità offerte dal digitale al marketing no profit.

 

INFOGRAFICA – Charity e no profit: le nuove sfide e come rispondere

 

Chi sono gli stakeholders no profit?

Stakeholder” si riferisce a chiunque, individuo o gruppo, riponga un interesse in una particolare organizzazione. Il termine, nel caso specifico del mondo no profit, si riferisce:

  • alle persone direttamente coinvolte, come i membri del consiglio;
  • alle persone che beneficiano dei servizi;
  • ai donatori;
  • alle fondazioni che offrono sovvenzioni.

Anche se intervengono più indirettamente, altri individui o gruppi oltre a questi appena nominati, possono essere stakeholder no profit:

  • i fornitori presso i quali si acquistano prodotti o servizi;
  • le aziende che sponsorizzano uno degli eventi dell’organizzazione.

Più nel dettaglio, i “tipici” Stakeholder no profit sono:

  • dipendenti (volontari retribuiti o non retribuiti);
  • membri (alcune organizzazioni no profit hanno membri paganti o onorari);
  • volontari, membri del consiglio o persone che aiutano a mantenere attiva l’organizzazione;
  • beneficiari dei servizi. Anche per il Terzo Settore, così come per le attività commerciali, un eccellente servizio clienti è fondamentale per riuscire, non solo ad onorare un impegno con le categorie di persone più in sofferenza ma anche a restituire un’immagine autentica, sana e vitale dell’organizzazione. Il passaparola, anche in questo caso è un motore potentissimo;
  • donatori, come istituzioni locali, statali o internazionali, che forniscono finanziamenti in quanto terze parti interessate. Ogni ente di beneficenza, per riuscire a centrare i suoi obiettivi, dovrebbe poter contare su un flusso di entrate diversificato. Ogni fonte da cui provengono i fondi corrisponde ad altrettanti stakeholder che devono essere fidelizzati, ciascuno con modalità progettate ad hoc;
  • comunità locali. Ogni organizzazione no profit fa parte di un contesto sociale più ampio, in cui si intrecciano dimensione economica e dimensione culturale e in cui gli utenti a cui l’ente si rivolge appartengono contemporaneamente a una pluralità di segmenti, ciascuno diversamente connotato. Partecipare alla vita delle comunità locali significa poter coltivare le relazioni con i loro leader, istituzioni e agenzie. È questo un passaggio estremamente delicato perché consente di capitalizzare il coinvolgimento e metterlo a valore in una prospettiva di obiettivi a medio o lungo termine;
  • altre organizzazioni no profit. Oggi, in una “normalità” resa eccezionale dal COVID-19, la maggior parte degli enti di beneficenza si rende conto di non avere le forze sufficienti per agire da sola, per esempio nella raccolta fondi. La soluzione sembra allora passare sempre più spesso dalla collaborazione. Le risorse sono investite meno in strategie volte alla sottrazione di “spazio” agli altri enti di beneficenza e in misura maggiore nella competizione per la visibilità ad ampio raggio, in un agone informativo e mediatico estremamente complesso e dispersivo. La competizione avviene contro contenuti che sono prodotti e distribuiti da realtà che per scopi attesi sono molto diverse da quelle che popolano il Terzo Settore: i brand che nei rispettivi comparti devono diventare ogni giorno abili narratori per offrire storie in cui i consumatori possano riconoscersi e le aziende che producono intrattenimento, chiamate ad affinare la loro capacità di intercettare pubblici sempre più profilati. Per questo, per guadagnare contatti preziosi e maturare relazioni significative in un contesto estremamente affollato gli aspetti della Charity PR (Public Relation) sono destinati a giocare un ruolo di assoluto primo piano (fonte: thebalancesmb.com).

 

Importanza del fundraiser per le relazioni con stakeholder no profit

Il rapporto tra gli stakeholder e una organizzazione no profit è reciproco: l’influenza esercitata dalla seconda sui primi, che si informano, si formano ed eventualmente compiono azioni concrete, procede anche nel verso opposto, con gli stakeholder no profit che contribuiscono, attraverso la loro stessa partecipazione, alla definizione del significato delle iniziative dell’ente, arrivando anche ad arricchirne la mission e a dare un contributo determinante in termini di awareness.

Il perno che mette in comunicazione produttore e destinatari del messaggio è il fundraiser, figura professionale sempre più indispensabile, che ha maturato le competenze necessarie per offrire un supporto qualificato alle organizzazioni no profit, sia nella consulenza per la raccolta fondi sia nell’implementazione diretta di specifiche attività. Il fundraiser deve:

  • saper fidelizzare la relazione con il donatore;
  • conoscere gli strumenti informatici che permettono la gestione del database dei contatti;
  • avere un’ampia conoscenza di tutte le modalità per raccogliere fondi: dalla stesura di un piano strategico allo svolgimento operativo della raccolta fondi, attraverso tutte le modalità disponibili, online e offline. Dei migliori strumenti per la raccolta fondi abbiamo parlato in un recente articolo, concentrandoci su quelli on line, che sono diventati imprescindibili durante la crisi sanitaria del 2020.

Il fundraiser si occupa dunque, principalmente, di reperire risorse. Per farlo deve però costruire prima quelle relazioni che consentono l’accesso alle risorse stesse. Secondo una bella definizione di italianonprofit.it, (piattaforma che raggruppa i profili on line delle organizzazioni no profit italiane e rende accessibili le informazioni relative ai diversi aspetti del Terzo settore) la donazione è “un gesto filantropico che richiede una relazione basata sulla fiducia”.

Il fundraiser, che può eventualmente essere a capo di un ufficio con funzione permanente, “si impegna con continuità, metodo e competenze ad occuparsi dell’attivazione e fidelizzazione delle relazioni con i donatori”, coltivandole per renderle durature nel tempo. In questo modo “contribuisce a dare cittadinanza alla cultura del dono all’interno dell’ente.” (fonte: italianonprofit.it)

Coltivare e mantenere le relazioni pubbliche con gli stakeholder no profit (Charity PR) rientra quindi a tutti gli effetti tra le competenze principali di chi si occupa di organizzare e gestire gli asset del marketing no profit. Proviamo ad approfondire.

 

> CASE STUDY – Doxee per il non profit: un video personalizzato ed interattivo per la comunità di San Patrignano

 

Charity PR: come utilizzare le Public Relations per promuovere organizzazioni no profit

Il marketing per le organizzazioni no profit  consiste nell’impiego degli strumenti propri del marketing da parte di un’organizzazione senza scopo di lucro, che li usa per perseguire una serie di obiettivi:

  • per costruire la consapevolezza di un’organizzazione o di un evento;
  • per promuovere l’organizzazione e il suo messaggio;
  • per raccogliere fondi;
  • incoraggiare le donazioni e il sostegno alla causa;
  • precisare la voce dell’ente (il suo “brand”);
  • comunicare in modo efficace a un pubblico di destinazione;
  • far crescere il supporto.

La Charity PR non può non far parte di qualsiasi piano di marketing messo a punto dal fundraiser: si impone a tutti gli effetti come risorsa essenziale per raggiungere possibili donatori e volontari e convincerli a donare denaro – o tempo, o servizi, o contatti utili – senza ottenere “nulla di concreto” in cambio se non la possibilità di contribuire a un progetto di beneficenza.

Poiché l’esistenza stessa di una organizzazione no profit dipende sostanzialmente dalla sua capacità di essere credibile e di proporsi come interlocutore affidabile, l’accento deve essere posto sulla dimensione relazionale della sua comunicazione. Quali sono oggi, per il no profit, le migliori modalità attraverso cui dispiegare le potenzialità di una PR strategy?

 

I Case study

Casi esemplificativi in cui viene raccontato come una specifica criticità è stata affrontata con successo. Descrivono un problema, mostrano una soluzione che si è rivelata efficace e dettagliano i risultati. I case study costituiscono uno strumento efficace per:

  • mostrare e promuovere il lavoro svolto dall’organizzazione;
  • incoraggiare le persone a donare o sostenere l’ente di beneficenza;
  • spiegare come vengono utilizzate le donazioni;
  • ottenere nuovi sponsor.

Possono essere distribuiti sul sito web e sui social media dell’organizzazione e utilizzati durante le presentazioni e gli eventi.

 

Gli ambasciatori e le ambasciatrici

Incarnano i valori dell’ente di beneficenza e aiutano a promuoverne la causa. Se l’ambasciatore o l’ambasciatrice è una celebrità come ambasciatore è possibile sfruttarne la fama:

  • per generare awareness e diventare notiziabile;
  • per raggiungere un pubblico più ampio.

Anche se un messaggio condiviso da una celebrity ha spesso un grande potere di penetrazione, i migliori ambasciatori sono persone che agiscono concretamente il sistema di valori dell’organizzazione e ne condividono in modo profondo la mission.

 

Il blog istituzionale

Spesso punto di partenza di una più ampia strategia di content marketing tipicamente inbound, attraverso il blog è possibile dare informazioni complete, aggiornare sui topic più attuali, condividere approfondimenti con un pubblico di destinazione già in qualche misura mobilitato. Il blog è un’ottima modalità:

  • per comunicare i messaggi;
  • coinvolgere il pubblico attraverso storie che siano fonti di ispirazione;
  • condividere esperienze;
  • incoraggiare donazioni.

 

I video personalizzati

Abbiamo visto che le organizzazioni no profit si confrontano quotidianamente con diversi tipi di possibili stakeholder. Per coinvolgerli maniera adeguata senza metterne a rischio la fiducia e perdere l’opportunità di costruire relazioni di valore si rende necessario trovare la soluzione tecnologiche e narrativa più appropriata, che traduca con efficacia una richiesta di profilazione, incorpori elementi interattivi e possa essere distribuita facilmente su più canali. I video personalizzati rappresentano la risposta a tutte queste esigenze perché permettono di:

  • attirare l’attenzione dei differenti destinatari attraverso l’ampio margine di personalizzazione del contenuto;
  • acquisire i dati dei destinatari, in particolare tutte le informazioni utili per arricchirne il profilo, adattare in modo dinamico il servizio proposto (assistenza, richiesta di informazioni, modalità di donazione) lanciare survey, misurare l’efficacia delle iniziative di marketing attivate;
  • creare una narrazione unica per ciascuno dei destinatari (stakeholder o beneficiari del servizio), sfruttando la personalizzazione per concentrarsi sulle informazioni più rilevanti e modificare percorso narrativo in tempo reale, in funzione delle diverse scelte e interazioni;
  • distribuire i contenuti in multicanalità, attraverso qualsiasi canale digitale come Social media, SMS, e-Mail, notifiche App e Chatbot;
  • condurre all’azione gli utenti grazie a funzionalità dedicate all’interattività e alla conversione, usando call-to-action progettate per convertire su una pluralità di obiettivi.

Doxee Pvideo®: per creare, mantenere e dare valore alle relazioni

I video personalizzati Doxee Pvideo® sono stati scelti da centinaia di Aziende e Istituzioni Governative che hanno deciso di affidarsi alle tecnologie Doxee per comunicare efficacemente con milioni di utenti. Si tratta di video davvero unici perché composti da scene selezionate in base ai dati di ogni singolo destinatario, ricche di testi e banner personalizzati, immagini scelte ad-hoc, voce personalizzata grazie al text-to-speech e alla libreria audio.

Hanno un eccezionale potenziale comunicativo che può essere messo al servizio dei bisogni delle organizzazioni no profit, sia che si tratti di facilitare le conversioni (per esempio lungo il funnel della raccolta fondi), sia che si tratti di offrire storie coinvolgenti per il singolo destinatario che può quindi approfondire a proprio piacimento l’argomento di suo interesse, in una prospettiva di massima trasparenza e sicurezza.

Doxee Pvideo® offre un insieme completo di funzioni per la personalizzazione che rendono possibile la creazione di video individuali basati sui dati di ciascun destinatario. Il contenuto video può essere personalizzato in ogni sua componente in funzione dei dati del destinatario, modificando dinamicamente le scene per comporre una narrazione unica, influenzare il contenuto ed i componenti delle scene, oppure inserire elementi di testo personalizzati perfettamente integrati con il contenuto del video.

È possibile personalizzare anche tutte le parti audio grazie alla funzionalità text-to-speech e catalogo voci, utili per raccontare informazioni complesse come quelle prodotte e gestite dalle organizzazioni no profit inserite all’interno di sceneggiature personali e per questo motivo ancora più coinvolgenti.

Per dare forza alle relazioni con i principali stakeholders no profit e farle crescere nel tempo le organizzazioni del Terzo settore avranno sempre più bisogno di strumenti digitali flessibili, in grado di produrre adattamenti in tempi brevi di fronte a situazioni emergenziali e allo stesso tempo di consentire pianificazioni di ampio respiro: il marketing, nella sua evoluzione digitale e automatizzata, può offrire già oggi la risposta a una esigenza crescente di autenticità, ascolto, reattività.

La tendenza alla personalizzazione, all’interattività, e alla multicanalità – la vediamo in opera soprattutto con i video personalizzati – sembra destinata ad affermarsi come tratto distintivo delle soluzioni più avanzate al servizio della Charity PR.

 

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