Per mettere a frutto il capitale di conoscenza incorporato nei dati, le aziende hanno bisogno di integrare nella loro strategia di marketing la potenza e l’accuratezza della data analysis

Le tecnologie digitali e i sistemi di tracciamento dei comportamenti e delle interazioni online generano un’enorme mole di informazioni che oggi possiamo analizzare con un grado di approfondimento e di granularità mai raggiunti prima. Queste attività di misurazione, raccolta, analisi e reporting sono i digital analytics, processi ormai diventati cruciali per il funzionamento di aziende e istituzioni, soprattutto in contesti informativi in cui siamo tutti, imprese e consumatori, letteralmente sommersi dalle informazioni. 

I digital analytics vengono impiegati per risolvere problemi aziendali di diverso tipo e influiscono su ogni aspetto del business: dalla finanza alla operatività, dalle risorse umane al marketing (coinvolgendo a cascata tutti i dipartimenti aziendali). Oggi, tutti i soggetti che a vario titoli interagiscono sui mercati – imprese, privati, agenzie, intermediari – sono allo stesso tempo consumatori (e produttori) di digital analytics. 

Lato aziende, i digital analytics giocano ormai un ruolo fondamentale nello sviluppo di strategie di Customer Experience Management. Infatti, se la Customer Experience è data dall’insieme delle interazioni con i clienti, off line e on line, dal primo contatto fino alla fidelizzazione, i digital analytics permettono di comprendere e ottimizzare questi comportamenti singolarmente e nel loro complesso, fornendo gli insight necessari a progettare esperienze cliente personalizzate

Prima di spiegare in che modo i digital analytics impattano sulle iniziative di marketing forniamo una definizione di base, per chiarire eventuali dubbi. 

 

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Che cosa sono i digital analytics?

Con l’espressione “digital analytics” si intendono tutti quei processi di raccolta, organizzazione e interpretazione di dati nativamente digitali o tradotti in una forma digitale, che sono prodotti nel corso delle interazioni tra consumatore e brand lungo tutto il customer journey. 

I digital analytics possono essere utilizzati sia per misurare e valutare le performance delle diverse attività di marketing sia per fornire alle aziende gli insight necessari a progettare le azioni più efficaci di comunicazione e di vendita. In questo senso i digital analytics sono allo stesso tempo le attività di analisi dei dati e i risultati di queste analisi

I digital analytics rendono comprensibili i dati restituendoli sotto forma di metriche, numeri grazie ai quali le aziende (e i marketers in particolare) riescono a misurare, a quantificare e a dare un significato, anche operativo, alle loro azioni. I contenuti sono efficaci? Quale canale offre le migliori prestazioni? L’andamento della campagne è soddisfacente? I digital analytics permettono di rispondere a queste domande (e a molte altre, ancora più puntuali) e offrono ai team di marketing e vendita una visione completa di come lead e clienti interagiscono con il brand

 

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Dalle attività di digital analytics proviene conoscenza utile alle aziende, che la utilizzano per dare forza e accuratezza alle loro strategie di marketing e rendere più efficace e duraturo il rapporto instaurato con i loro clienti, sfruttando una tendenza alla personalizzazione che negli ultimi anni ha acquistato sempre più forza. 

Metodi e contenuti che i brand utilizzano per costruire relazioni con i clienti – video online, ricerca, annunci display e social media – forniscono agli analisti una grande quantità di dati sul modo in cui i clienti stessi utilizzano i canali digitali mentre perseguono i loro specifici programmi di acquisto e di consumo. 

Sapere come valutare il successo di una relazione tra cliente e azienda e comprendere il customer journey richiede un framework adatto all’analisi dei flussi di dati. E questo è forse l’aspetto più importante dell’analisi dei dati all’interno dei workflow di marketing digitale: la possibilità di trasformare le informazioni raccolte in un report completo, coerente e significativo.

Se le opportunità per l’analisi dei dati – e le aspettative sui loro benefici – sono cresciute a dismisura grazie all’evoluzione della tecnologia, l’ubiquità dell’analisi dei dati di cui godiamo oggi è sì il prodotto originale dei cambiamenti tecnologici avvenuti nell’ultimo mezzo secolo, ma non si è sviluppata dal nulla e all’improvviso. Per esprimere le sue idee, da millenni l’umanità analizza e utilizza i dati. 

Per capire che cosa sono i digital analytics e come possono migliorare le attività di marketing proviamo a fornire una visione più ampia della nostra relazione e interazione con i dati, osservandola da un punto di vista storico.

Breve storia umana della data analysis: esprimere idee con i dati

Se i dati sono sempre esistiti possiamo però individuare nella storia umana dell’analisi dei dati una lunga fase iniziale che si è conclusa qualche decennio fa con la creazione dei dati digitali. Una storia lunga 7.000 anni iniziata nelle forme più umili – semplici mappe utilizzate per documentare e descrivere il mondo – e che si è evoluta fino a diventare quella pratica moderna che conosciamo oggi e che si estende a statistiche, medicina, politica e molti altri campi. Una disciplina che nel corso dei secoli ha aggiunto progressivamente nuove capacità, ha affrontato criticità sempre diverse e alla fine è emersa, secondo le parole di Kevin Hartman (che è stato Director of Analytics di Google e oggi è Chief Analytics Evangelist sempre in Google), come “una miscela equilibrata di arte e scienza”. 

  • Già prima del 1600 diagrammi geometrici e carte geografiche aiutavano la navigazione e l’esplorazione. Nel XVII secolo si svilupparono la geometria analitica, le teorie sulla misurazione della probabilità, l’aritmetica politica. Nel ’700 gli artisti crearono nuove forme grafiche per esprimere nozioni e descrivere fenomeni, anche molto complessi. 
  • Tra il 1800 e il 1849 le innovazioni industriali producevano crescenti flussi di informazione che dovevano essere restituite in una forma visiva ordinata e comprensibile. L’ultimo scorcio dell’Ottocento è considerato da molti una Età dell’oro nell’analisi dei dati, con le sue innovazioni grafiche di impareggiabile bellezza.
  • I primi decenni del 1900 furono i “secoli bui” dell’analisi dei dati, durante i quali l’entusiasmo del secolo precedente fu soppiantato da un atteggiamento di generico rispetto della formalità. 
  • Un nuovo impulso alla ricerca su strumenti e metodologie dell’analisi dei dati lo registriamo a partire dal 1950, in particolare sulle tecniche di visualizzazione che consentirono una progressiva democratizzazione dei dati. Lo sviluppo di sistemi informatici interattivi e dati ad alta dimensione proseguì senza pause fino al 1994: computer e applicazioni creavano immagini efficaci e straordinariamente potenti elaborando sempre maggiori quantità di informazioni e sfruttando le conoscenze già acquisite sulle modalità di visualizzazione dei dati.
  • Dopo il 1994, anno in cui venne introdotto il primo banner pubblicitario digitale, l’uso di Internet crebbe impetuosamente. Se negli Stati Uniti nel 1994 meno del 5% degli utenti navigava in Rete, nel 2014 quella percentuale era salita al 75% per arrivare a sfiorare il 90% nel 2019 (Fonti: Nielsen Online, ITU, PEW Research e Internet World Stats). Nei 20 anni compresi tra il 1994 e il 2014 (anno in cui Internet e le principali piattaforme avevano raggiunto piena maturità) non si assistette semplicemente all’aggiunta di un altro canale di comunicazione: la trasformazione tecnologica aveva prodotto un cambiamento nella struttura stessa della relazione tra brand e consumatori, permettendo a questi ultimi di interagire online secondo modalità che off line erano rigidamente precluse. È in questo periodo che avvenne il passaggio dal broadcasting dei media tradizionali al narrowcasting dei canali digitali. Le aziende poterono dotarsi di strumenti di analisi in grado di raccogliere come mai prima d’ora informazioni sul comportamento dei consumatori e poterono contare su innovativi metodi di misurazione e valutazione delle iniziative di marketing.

Conoscere come si è evoluta l’analisi dei dati è importante perché fa capire quanta strada è stata percorsa per arrivare alle applicazioni informatiche che generano oggi contenuti e immagini data-based. La storia iniziale della data analysis si conclude con la creazione dei digital analytics, che inaugura a sua volta la fase dell’età dell’informazione in cui ci troviamo a vivere attualmente (Fonte: Digital Marketing Analytics: In Theory And In Practice, Kevin Hartman).

 

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Come utilizzare pienamente i digital analytics nel marketing: dallo ZMOT di Google al CDJ di McKinsey

Oggi viviamo un momento storico in cui una fase nella storia dell’analisi dei dati è arrivata a compimento e un’altra è stata inaugurata, in cui digital analytics e data analysis hanno ormai assunto assoluta rilevanza nell’ambito della comunicazione aziendale, del marketing e della pubblicità

La proliferazione dei touchpoint lungo tutto il funnel ha moltiplicato le opportunità di interazione facendo aumentare vertiginosamente la domanda di analisi sempre più accurate. L’accesso alle informazioni è cresciuto così come è aumentata la disponibilità di dispositivi mobile. Le aziende hanno portato avanti la trasformazione digitale delle loro attività, investendo sui digital analytics, con l’obiettivo di mettere ordine in ambienti informativi estremamente caotici e ottimizzare i processi aziendali.

I dati sono diventati la risorsa più preziosa per chiunque prenda, o tenti di influenzare, una decisione, anche per i consumatori che cercano attivamente on line informazioni a supporto delle loro scelte

Dall’utilizzo dei personal computer negli anni ’80, alla diffusione del web negli anni ’90, all’incredibile successo degli smartphone negli anni 2000, le traiettorie che le persone seguono durante i loro percorsi d’acquisito e i modi in cui i brand si confrontano con i clienti sono radicalmente cambiati. Per inquadrare queste nuove dinamiche le aziende hanno cominciato ad assumere particolari framework come cornice teorica in cui inserire i digital analytics, grazie ai quali dare coerenza e significato a comportamenti sempre meno facilmente categorizzabili.

Zero Moment of Truth: come Google fotografa l’attimo della scelta del consumatore

Nel 2011 Google introdusse il concetto di “Zero Moment of Truth” per indicare l’intervallo di tempo che trascorre tra l’insorgere di un bisogno e lo stimolo a cercare soluzioni per soddisfarlo, e il “First Moment Of Truth”, la situazione che secondo il modello in tre fasi di P&G si verifica ogni volta che i consumatori si trovano a dover decidere tra proposte alternative. Con ZMOT Google intendeva catturare la natura irregolare e ramificata della logica che guida le scelte dello shopping contemporaneo, con i consumatori che si presentano davanti allo scaffale armati di molte più informazioni: dalle recensioni dei prodotti lette su un sito specializzato al resoconto su Facebook dall’esperienza avuta con quel prodotto, dal tweet di una celebrità che si dice innamorata di quel brand e dei suoi servizi alle migliaia di annunci e sponsorizzazioni a cui siamo esposti ogni giorno. 

Lo Zero Moment of Truth è la fotografia di questo accavallarsi disordinato e tendenzialmente imprevedibile di flussi di informazione che i consumatori hanno ormai imparato a governare per raggiungere i loro specifici obiettivi, passando rapidamente da una fonte all’altra e muovendosi fluidamente tra il mondo online e quello offline. I digital analytics si dimostrano essenziali nel rendere conto di questi journey così poco lineari. 

Il Customer Decision Journey di McKinsey: il processo decisionale al microscopio

Il Customer Decision Journey (CDJ) di McKinsey cerca di restituire il sistema incrociato di influenze che vengono esercitate sui consumatori durante il loro processo di acquisto. In particolare, identifica i momenti critici che i consumatori sperimentano prima di acquistare. I digital analytics permettono di tradurre questa situazione di indecisione e di tentativi successivi in una serie di input che forniranno ai marketer insight utili alla progettazione e messa in atto delle loro strategie. Il Customer Decision Journey si compone di più step, e ogni passaggio rappresenta una fase distinta del processo decisionale. Ad ogni passaggio, i brand ottengono informazioni sempre più accurate sulla loro relazione con il consumatore, che gli analisti possono utilizzare per ampliare e articolare la conoscenza del target di riferimento. Il CDJ permette di riconoscere la logica sottesa al percorso di ogni cliente, indipendentemente dal prodotto oggetto di valutazione.

 

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I Digital Analytics permettono di costruire esperienze cliente profilate e significative

Se i framework teorici sono ormai ampiamente conosciuti tra gli addetti ai lavori, anche le tecnologie per l’analisi dei dati stanno diventando più accessibili sia grazie ai progressi nella realizzazione di strumenti open-source sia per la presenza di partner qualificati che possono aiutare le aziende a implementare e a usare con profitto soluzioni informatiche complesse e rigorose.

Oltre all’elemento tecnologico, anche il contesto economico, sociale e culturale ha esercitato una profonda influenza sulla domanda di analisi dei dati. La ricerca di soluzioni capaci di ridurre le condizioni di incertezza e l’esigenza di maggiore responsabilità da parte delle aziende hanno contribuito a far emergere modelli di business basati sul digitale e dato notevole impulso all’uso di digital analytics.

Un marketing basato sui digital analytics, attrezzato per riuscire a destreggiarsi tra media e canali differenti, opera oggi utilizzando l’enorme quantità di informazioni a cui le organizzazioni hanno accesso, informazioni che provengono da una molteplicità di fonti diverse, proprietarie e di terze parti. I dati comportamentali, contestuali, psicografici, demografici e geografici e i risultati di misurazioni meno immediate come il grado di soddisfazione del cliente nei confronti di un brand, sono utilizzati per attribuire un significato operativo a ciascuna interazione con il brand e per costruire, a partire da questa interpretazione, esperienze più profilate e significative.