Site icon Doxee

La Digital Disruption nel retail: dai Big Data alla personalizzazione

digital disruption nel retail

Articolo aggiornato al 06/07/22

Qual è l’impatto della Digital Disruption nel retail?

Qual è l’impatto della Digital Disruption nel retail? Quali sono le opportunità di integrazione tra store fisico e digitale? Perché la personalizzazione è al centro di tutto? Lo vediamo in questo articolo.

Parlare di retail significa affrontare un universo vasto, complesso e molto diversificato. Per intenderci, sotto la stessa etichetta di “vendita al dettaglio” ci sono sia Walmart (con il suo fatturato annuo di oltre 500 miliardi di dollari) che il piccolo negozio di ferramenta sotto casa vostra. Eppure, nonostante questa enorme diversità dei player coinvolti nel comparto, c’è una tendenza che è uguale per tutti: quella verso la trasformazione digitale.

La Digital Disruption nel retail, inoltre, ha subito un’accelerazione portentosa e imprevedibile durante le fasi della pandemia da Covid-19, soprattutto nel periodo di lockdown. Si può affermare – senza timore di smentite – che il digitale ha letteralmente salvato migliaia e migliaia di aziende del settore. Per avere una misura concreta: l’incremento delle vendite online in Italia tra il 9 marzo e il 5 aprile 2020 è stato del 70%. Per quel che riguarda i soli generi alimentari, questa percentuale schizza a un +227% (fonte: repubblica.it).

Durante l’emergenza sono cambiate le abitudini di tutti noi, per necessità. Tutti ci siamo rivolti al digitale con ancor più frequenza e convinzione, ma ciò che è ancora più importante sottolineare è che non si tratta di qualcosa di passeggero; questo cambiamento di abitudini. Per restare nell’ambito italiano: già prima della pandemia, ben il 79% dei 300 retailer più importanti aveva un sito per l’e-commerce, secondo i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano (fonte: osservatori.net). Negli ultimi 5 anni, le imprese italiane che vendono online e hanno un sito di e-commerce sono salite a 10 mila unità circa. Oggi se ne contano più di 23mila (fonte: italiaonline.it).

Questo è solo il primo passo, è solo uno degli aspetti e delle opportunità della Digital Disruption nel retail. In questo articolo, dunque, cercheremo di spingerci oltre. Vi parleremo delle opportunità di integrazione tra punto vendita “fisico” e digitale; dell’importanza di una Customer Experience (digitale, ma non solo) sempre più su misura; del ruolo chiave della personalizzazione. In chiusura, poi, ci sposteremo su un ambito più specifico, analizzando la centralità che ha conquistato lo strumento dei video in questo settore.

 

 

Che cos’è lo showrooming?

Il mondo digitale e il negozio fisico non sono mondi separati, non sono dei compartimenti stagni. Anzi, oggi è vero il contrario: digitale e “fisico” sono sempre più integrati; questi due piani, insomma, si mescolano e si rafforzano a vicenda. Questo è qualcosa a cui tutti i player della Retail Industry devono tenere bene a mente.

Ecco che cos’è lo showrooming: quel momento in cui i clienti consultano il loro smartphone, in uno store fisico, alla ricerca di ulteriori informazioni sui prodotti che hanno di fronte agli occhi, oppure alla ricerca di prezzi migliori presso la concorrenza.

Un momento delicatissimo che sta diventando sempre più comune: secondo i dati di Google, negli ultimi 4 anni le ricerche tramite dispositivi mobile effettuate direttamente nei negozi fisici sono aumentate del 15% (fonte: thinkwithgoogle.com). Questo è un problema? Può esserlo, ma può anche diventare un’opportunità. Tutto dipende da come lo affrontano i brand, e – attenzione! – non è solo una questione prettamente economica e di scontistica.

Le sfide, infatti, sono sempre più relative alla Customer Experience. Sia quella fisica, in negozio (e qui è soprattutto una questione di personale e di ambiente), che quella digitale. Non si tratta, dunque, solo di allestire uno shop online funzionante; bisogna andare molto oltre, e creare un’esperienza omnichannel, capace di presidiare una Customer Journey che passa spesso dal digital alla “real life”. Non è tutto: bisogna cercare di costruire questo “percorso” in maniera sempre più personalizzata.

Si può fare? Sì, nei prossimi paragrafi vedremo come, più nel concreto.

Come tracciare la Customer Journey

La Digital Disruption nel retail, così come in tutti gli altri settori, è soprattutto una questione di dati.

Raccogliere il maggior numero di informazioni sui propri clienti, sulle loro caratteristiche, sui loro comportamenti, sulle loro esigenze, e su come tutto questo cambia nel tempo: questo è il vero segreto del successo nel mercato di oggi. Ecco, quindi, perché si sente spesso dire che i dati sono il nuovo petrolio. Tutto ciò è vero, naturalmente, anche per la retail industry. 

Secondo uno studio di McKinsey, un corretto ed intensivo utilizzo dell’analisi dei Big Data può fare aumentare i margini operativi del commercio al dettaglio di circa il 60% (fonte: mckinsey.com). Una percentuale enorme e decisiva. Nel 2018 il valore del mercato dei “Big Data Analytics” nel settore era valutato 3496.4 milioni di dollari USD. Con un tasso annuo di crescita composto del 19,2%. Tradotto: entro il 2026 questo valore potrebbe quadruplicare, assestandosi sui 13299 milioni di dollari (fonte: techvidvan.com). Una cifra davvero impressionante, ma quali sono i “luoghi” in cui i retailer raccolgono i dati dei propri clienti? Vediamoli:

Per dirla in breve, le parole d’ordine sono due: omnichannel e mobile-first. In questo senso, una vera frontiera è quella digitalizzazione degli store stessi. In questo campo, moltissimo si sta muovendo, anche in Italia, e stiamo parlando di qualcosa che va ben oltre le classiche “tessera fedeltà”.

Secondo lo studio dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano che abbiamo già citato sopra, il 18% dei primi 60 top retailer italiani ha implementato nei punti vendita un’infrastruttura Wi-Fi; ancor più importante: il 12% ha installato sistemi per il monitoraggio dei clienti, come le smart camera, per misurare in tempo reale e analizzare tramite sistemi di Intelligenza Artificiale molte KPI (dal tasso di conversione, al tempo di permanenza in negozio, alla frequenza di visita).

In questo modo i retailer hanno a disposizione una mole sempre crescente di dati, che possono sfruttare per tracciare in maniera molto efficiente le journey dei propri clienti. I vantaggi sono numerosissimi: dall’ottimizzazione delle strategie decisionali all’ottimizzazione dei processi (non da ultimo, le decisioni sui prezzi); dalle possibilità di marketing predittivo, fino alla vera e propria personalizzazione della Customer Experience.

Su quest’ultimo aspetto ci concentriamo nel prossimo paragrafo.

Diventare sempre più personali

Il vero obiettivo dell’analisi dei Big Data è conoscere il proprio pubblico in profondità: dividerlo in segmenti sempre più circoscritti e coerenti sulla base delle caratteristiche comuni; ma la cellula minima a cui puntare è la singola persona. L’obiettivo finale è la personalizzazione.

È possibile, anche quando le platee dei clienti sono sterminate, come nel mondo del retail? Sì, e le strategie sono moltissime. Tutte, però, alla base hanno la conoscenza profonda e il successivo dialogo “one-to-one” con il singolo cliente

Si tratta, dunque, di raccogliere più informazioni possibili, in modalità omnichannel, sulle singole persone e modulare la propria comunicazione e il proprio servizio sulle base delle caratteristiche individuali. Tutto questo ha un ritorno enorme in termini di engagement, che è il primo step che porta poi alla fidelizzazione e, infine, all’advocacy. Tutte le sfide future del settore retail, in fondo, si giocano qui, soprattutto perché la competizione si fa sempre più affollata, agguerrita, varia e diversificata.

La personalizzazione è uno strumento formidabile per operazioni di marketing, di cross-sell e di upsell (in questo ambito, Amazon fa da modello, con i suoi algoritmo di “recommendations su misura” che sono responsabili di ben il 29% delle vendite totali). Non solo: c’è poi chi basa la produzione stessa dei suoi prodotti sulla personalizzazione; come Dresden, un’innovativa azienda che si occupa di eyewear, e che permette ai clienti di creare i propri occhiali personalizzati (dresden.vision). Gli esempi, in questo ambito, sono già oggi moltissimi. Tuttavia, l’ambito in cui la personalizzazione offre i risultati più poderosi è quello della Customer Experience

Di nuovo: si tratta di unire l’esperienza del cliente nello store fisico con quella digitale. In questo senso, lo strumento più potente a disposizione dei brand è quello dei video. 

La forza dei video: dentro e fuori dagli store

Al centro di tutte le strategie di marketing e Customer Service, ai tempi della digital transformation, c’è il video. La motivazione? È molto semplice: il video è il lo strumento più potente, più diffuso, più efficace. 

Si stima che, nel 2022, l’82% di tutto il traffico internet a livello globale proverrà dallo streaming e dal download di video, questo secondo i dati di Forbes (fonte: forbes.com). Solo solo YouTube le persone guardano ogni giorno un miliardo di ore di video, generando miliardi di visualizzazioni. Non stupisce, dunque, che gli stessi consumatori ritengano i video quasi indispensabili, prima di effettuare un acquisto. Da una ricerca condotta da Google è risultato che oltre il 55% dei clienti di tutto il mondo utilizza i video online addirittura mentre fa shopping in negozio (fonte: thinkwithgoogle.com).

Ecco che ritorna l’importanza dell’integrazione tra store fisico e digitale! Il video dà sicurezza agli acquirenti. Ha una fruizione comoda e rapida. È determinante per la scelta finale di un prodotto. 

Ora, s’intuisce che accoppiare i video alla personalizzazione possa essere davvero il boost definitivo, “la definitiva svolta di marketing di cui i brand hanno bisogno”, l’ha definita Forbes in un articolo (fonte: forbes.com). Proprio questo l’ambito in cui si muovono aziende specializzate come Doxee, con i suoi Doxee Pvideo®: video personalizzati e interattivi, costruiti su misura delle caratteristiche e delle preferenze dei clienti.

In questo modo il cerchio si chiude. I dati si trasformano in relazioni, relazioni fruttuose e durature tra il brand e le singole persone, con vantaggi su entrambi i versanti. Le vere opportunità della Digital Disruption nel retail sono tutte qui.

Exit mobile version