Aggiornato il 20/10/2022

Trasformazione digitale: benefici e cambiamenti, dal modo in cui gli utenti acquistano alle strategie che le aziende devono adottare per avere successo. Ma l’Italia è davvero pronta? La risposta è sì, ma ad una condizione: che nessuno venga lasciato indietro e per farlo ci sono tre ostacoli da superare.

L’avvento di internet ha avuto un effetto rivoluzionario sulla nostra società, modificando radicalmente le nostre abitudini e il nostro stile di vita. È diventato normale acquistare prodotti su internet, personalizzare attraverso un’app il proprio paio di scarpe e persino svolgere delle operazioni finanziarie complesse direttamente dallo smartphone, senza bisogno di entrare in una filiale.

La rilevanza di tale fenomeno è legata senza dubbio anche alle sue dimensioni, che sono impressionanti, come mostrano le statistiche. In soli 30 anni dalla nascita del Web, la popolazione connessa ha raggiunto i 5,15 miliardi di persone, ossia raddoppiando i dati del 2012 e proprio a partire da tale anno il numero di individui iscritti ad una piattaforma digitale è cresciuto fino a raggiungere, nel 2021, i 4,9 miliardi di persone.

Ugualmente rilevanti sono i dati legati all’utilizzo degli strumenti digitali. Mediamente, un utente resta connesso per 6 ore al giorno, utilizzando per la metà del tempo un dispositivo mobile.

La lista di dati come questi potrebbe proseguire, ma quello che conta è semplicemente fotografare un aspetto: ogni consumatore è diventato anche un utente, che usa la rete per acquistare, ordinare ed interfacciarsi con le aziende e, sulla base di questo, ha cambiato le proprie aspettative.

 

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La trasformazione digitale delle aziende

Com’è prevedibile, la trasformazione digitale non ha interessato solamente gli individui, come detto, ma ha coinvolto anche le aziende e persino la Pubblica Amministrazione, che hanno iniziato ad integrare i propri processi interni con le nuove tecnologie digitali. Questo, fondamentalmente per un motivo: perché le aziende che investono maggiormente nella trasformazione digitale sono quelle più competitive sul mercato.

Secondo una recente ricerca di Accenture, infatti, le aziende leader nella digital transformation prevedono dei risultati eccellenti nelle aree legate alla crescita, come le vendite (58% rispetto al 31% dei non-leader), i nuovi canali di vendita (55% vs. 30%), lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi (58% vs. 34%) e la customer experience (70% vs. 53%). Del resto, questo è comprensibile se si pensa a tutti i benefici che un’azienda può ottenere da una corretta e completa trasformazione digitale.

Primo beneficio: maggiore efficienza interna

Il primo beneficio è che è possibile riorganizzare la propria azienda in modo tale che i processi interni siano più efficienti e meno costosi. Un caso eclatante, in questo senso, è la dematerializzazione dei documenti aziendali.

Nel contesto italiano, è stato infatti calcolato che la gestione documentale cartacea sottrae ad ogni lavoratore circa 3,6 ore di lavoro a settimana, tempo che potrebbe essere impiegato in attività con maggior valore aggiunto. Non solo: ogni foglio di carta, tra redazione, gestione ed archiviazione, costa alle aziende 2 euro all’anno, non garantendo la stessa efficienza e funzionalità di un documento digitale.

L’archiviazione “analogica” è infatti molto spesso antieconomica in quanto richiede grandi spazi fisici, molte risorse in termini di denaro e di tempo lavorativo legato alla gestione e nonostante questo provoca rallentamenti e malfunzionamenti nel corso dei processi.

Una corretta digitalizzazione in quest’ambito, al contrario, permette ad un’azienda di ridurre del 40% i costi di archiviazione e, nello stesso tempo, di ridurre dell’80% i costi relativi alla gestione dei supporti cartacei in generale.

Secondo beneficio: data-driven decisions

Un altro vantaggio della trasformazione digitale, intrinsecamente legato a quello appena descritto sopra, è il fatto di mettere a disposizione delle aziende una grande quantità di dati, rendendoli più facilmente accessibili, raccoglibili ed interpretabili.

Da un lato, questo permette di analizzare in modo più preciso i propri processi interni, individuando eventuali disfunzioni e, successivamente, di intervenire con delle azioni di messa in efficienza precise e mirate. Dall’altro lato, i dati che si possono raccogliere sono quelli che riguardano le opinioni e le abitudini di consumo degli individui.

Attraverso tali dati, ogni singola azienda può costruire una propria strategia di marketing che sia volta a soddisfare, se non addirittura a prevedere, i bisogni dei consumatori, intercettandoli nei momenti giusti e nei modi più efficaci.

In generale, sia che riguardi processi interni, sia che abbia a che fare con l’adozione di determinate strategie, la trasformazione digitale permette di adottare più facilmente delle data-driven decisions, ovvero delle decisioni guidate da degli specifici insight.

Inutile dire che riuscire ad aumentare il numero di scelte prese in questo modo, ha l’effetto positivo di aumentare la redditività del capitale investito da parte dell’azienda.

Terzo beneficio: una customer experience all’altezza delle aspettative

Il terzo vantaggio della trasformazione digitale è quello di dare la possibilità (e gli strumenti) alle aziende di migliorare la customer experience.

Come si è visto sopra, la penetrazione di internet nella vita di tutti è sempre più rilevante e questo ha inciso sui bisogni, sulle aspettative e sui desideri dei consumatori. Ogni cliente-utente, infatti, è diventato più esigente, richiede un rapporto continuo e diretto con l’azienda e pretende di poter svolgere la maggior parte delle azioni che gli interessano online, preferibilmente da uno smartphone e possibilmente in un tempo molto veloce.

Questa, al contrario di quanto si pensi, non è una frase fatta. A dimostrarlo sono i dati. Andando con ordine:

  • per quanto riguarda l’immediatezza della fruizione, il 53% delle persone attende non più di tre secondi prima di chiudere un qualunque sito consultato dal telefonino e più della metà delle stesse si aspetta che l’azienda dia un riscontro alle richieste nel giro di un’ora anche durante il fine settimana;
  • per quanto riguarda l’uso dello smartphone (e il suo legame con un’efficace customer experience in termini di risultati di vendita), nel 2020,la maggior parte degli acquisti fatti in Italia durante il Black Friday è avvenuto attraverso un device mobile, che è stato utilizzato anche da coloro che si sono recati in un negozio fisico per cercare informazioni proprio sull’oggetto da acquistare;
  • per quanto riguarda il desiderio di avere un rapporto diretto e continuo con l’azienda, il 90% dei consumatori si aspetta che le aziende abbiano un portale online dedicato alla customer care, mentre il 79% dei Millenials è più predisposto ad acquistare da un brand che abbia un portale di “Servizio clienti” ottimizzato per il mobile.

Infine, per quanto riguarda il fatto di essere diventati più esigenti, se non bastasse a dimostrarlo quanto elencato sopra, si pensi che il 76% dei consumatori è convinto che le aziende dovrebbero essere in grado di capire i loro bisogni e le loro necessità e, di conseguenza, il 33% degli stessi ha interrotto l’anno scorso il rapporto con un’azienda perché non ha ricevuto una customer experience personalizzata, all’altezza delle aspettative.

Tra tutti, quest’ultimo dato è indicativo e suggerisce un’evidenza importante: la customer experience è fondamentale per aumentare e tenere legata a sé la propria clientela, che non cerca più il semplice acquisto di un prodotto o di un servizio, ma una vera e propria esperienza, memorabile ed immersiva. L’unico modo per garantirgliela è realizzare pienamente la trasformazione digitale, il che significa adottare le tecnologie digitali e abbracciare una nuova mentalità imprenditoriale.

Per questo, non sorprende che gran parte dei decison-makers dichiari di voler investire nel giro di poco tempo, risorse notevoli nello sviluppo di soluzioni digitali innovative così da compiere la propria digital transformation.

L’Italia, un inaspettato esempio virtuoso

Questa volontà è condivisa anche dalle aziende italiane, che rappresentano, inaspettatamente un esempio virtuoso a livello globale.

Secondo una ricerca recente risulta, infatti, che le aziende italiane sono molto più mature in termini di digital transformation rispetto ad altre di altri Paesi del mondo. In particolare, le imprese italiane raggiungono complessivamente il 5° posto su 31 big, lasciandosi indietro nazioni eccellenti, come Gran Bretagna, Francia, Germania ed Olanda.

Anche per quanto riguarda gli investimenti i risultati sono decisamente positivi, dal momento che tutte le aziende medio-grandi della Penisola hanno intenzione di investire nei prossimi tre anni nello sviluppo e nell’applicazione di diverse soluzioni digitali, tra cui l’Intelligenza Artificiale e l’Internet of Things, senza dimenticare ovviamente la cybersicurezza, divenuta ormai fondamentale per proteggere i dati e il proprio business dagli attacchi informatici.

Questa tendenza era già stata confermata dal report 2019 di Assintel, che è l’Associazione Nazionale delle imprese ICT, il quale fotografa una situazione decisamente positiva. Nel 2018, infatti, il mercato italiano ICT ha raggiunto il valore di 30 miliardi di euro, totalizzando una crescita dello 0,7% rispetto al 2017, che dovrebbe arrivare a 1,6% entro la fine di quest’anno. Questo significa che la trasformazione digitale non solo accelererà, ma inizierà a coinvolgere un numero sempre maggiore di ambiti e figure aziendali, oltre che una platea sempre più ampia di partner e attori esterni.

Tutto questo, grazie ad un cambio di approccio culturale anche da parte degli imprenditori, che hanno capito fondamentalmente due cose: che l’integrazione di soluzioni digitali all’interno di processi produttivi è una necessità irrinunciabile e che deve essere fatta secondo delle strategie di investimento precise e coerenti in tempi brevi.

Del resto, non ci sono alternative: o ci si adatta alle regole di un mercato in continua evoluzione, o si finisce per essere spinti ai margini ed infine sparire.

Una trasformazione a due velocità 

Il buon risultato delle imprese italiane ha però un rovescio di cui occorre dare conto. Nonostante il dato positivo che si è riportato sopra, bisogna precisare che non tutte le aziende si trovano in una situazione così rosea. Il maggior livello di digitalizzazione, infatti, si registra nelle aziende molto grandi, che possono contare su una struttura organizzativa solida oltre che su una notevole disponibilità di investimenti. Al contrario, le piccole aziende mostrano più di qualche incertezza.

Lo riporta il sopracitato report 2019 di Assintel: “Le tecnologie emergenti valgono 18 miliardi con ritmi di crescita a due cifre, ma serve agganciare anche le piccole imprese e la Pubblica Amministrazione”. Risulta, infatti, che ben il 30% delle piccole aziende italiane non ha ancora messo in atto e neppure progettato una qualche strategia di trasformazione digitale. A questo si aggiunga che tre imprese su cinque sono ancora ad una fase inziale di digitalizzazione, nonostante sia ormai evidente che la trasformazione digitale giochi un ruolo fondamentale anche per il successo competitivo delle piccole aziende.

Questo gap si fa sentire anche a livello geografico: se la situazione è positiva tra le imprese del Nord Est e del Nord Ovest, in particolare nel Trentino Alto-Adige, il Sud sconta ancora un po’ di ritardo, dal momento che il 70% delle aziende è ad una fase embrionale di tale trasformazione (anche se, a onor del vero, la Campania si dimostra un’eccezione positiva, poiché circa il 7% del totale degli investimenti nel mercato ICT arriva proprio da questa regione). Ma quali sono i motivi di questo ritardo?

Un motivo che rallenta la trasformazione digitale delle aziende (e di riflesso dell’Italia) è l’obsolescenza di alcuni processi produttivi.

Secondo uno studio di PWC, il 42% delle imprese coinvolte conosce bene le opportunità offerte dalle tecnologie digitali, ma non sa come implementarle nei propri meccanismi interni e quindi preferisce non modificarli. A questo si aggiunge un certo residuale scetticismo rispetto alle soluzioni digitali, soprattutto per quanto riguarda le tematiche di sicurezza e privacy, che rappresentano una sfida non sempre facile da affrontare.

Direttamente legato a questo c’è un altro ostacolo, forse il più importante: mancano le competenze digitali necessarie per implementare una vera e propria trasformazione digitale. Per questo, nei prossimi tre anni, le imprese italiane prevedono di reclutare figure professionali molto specifiche e qualificate, come i digital marketing specialist, i data analyst e i digital officer. Tuttavia, professionisti del genere sono tanto ricercati quanto ancora poco diffusi sul mercato del lavoro italiano e questo li rende molto difficili da trovare e, conseguentemente, molto costosi da assumere.

Una soluzione a ciò potrebbe essere la formazione del personale, che però richiede tempo e spesso viene tralasciata dalle aziende. Lo conferma Il Sole 24 Ore che riporta che solo il 41% delle imprese italiane svolge al proprio interno dei programmi di formazione ad hoc.

Non solo le aziende, ma l’intero sistema Paese deve essere in grado di concepire un vasto programma di educazione digitale, che interessi trasversalmente tutta la popolazione e non solo l’ambito produttivo, in modo da permettere all’Italia di risalire le classifiche e di camminare con lo stesso passo degli altri Paesi Europei verso la trasformazione digitale.

In attesa che il mercato del lavoro si adegui alla domanda delle aziende e che vengano implementati dei training specifici, le imprese che vogliano realizzare compiutamente la propria trasformazione digitale devono affiancarsi a dei professionisti del settore, capaci di guidarli in tutte le fasi della digitalizzazione, offendo loro le migliori soluzioni possibili.

In questo modo, sarà possibile rispondere adeguatamente alle sfide poste dal mercato, soddisfacendo le aspettative dei consumatori, che avranno a che fare con un’azienda capace di metterli al centro di una customer experience adatta ai nuovi trend di fruizione e consumo.